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ottobre - 17 ottobre 2015
FACCIAMO
CHIAREZZA, ESIGIAMO TRASPARENZA ED UNA INFORMAZIONE VERA SUL TTIP E
TUTTE LE ALTRE POLITICHE DI " LIBERALIZZAZIONE" EUROPEE E
USA PRATICATE DA CORPORATION, LOBBIES E MULTINAZIONALI.
SI
RISPETTI LA VOLONTA° DEI CITTADINI, SI RISPETTINO LA
DEMOCRAZIA, I DIRITTI, LA DIGNITA' DELLE PERSONE!
3
milioni di firme sono state raccolte in tutto il continente,
centinaia di migliaia di persone sono scese e scenderanno ancora in
piazza per chiedere l’interruzione dei negoziati sul TTIP e gli
altri accordi di libero scambio. L’obiettivo
della mobilitazione internazionale è intrecciare le molteplici
istanze promosse dalla società civile, costruendo un grande blocco
di opinione pubblica contraria ad un sistema di commercio
internazionale che mette i diritti umani e civili in secondo piano
rispetto agli interessi delle grandi multinazionali e dei gruppi
finanziari. Dal
10 ottobre in poi , le campagne internazionali Stop TTIP
organizzeranno eventi, mobilitazioni, presidi in centinaia di città,
tutti con un intento preciso: fermare il Trattato transatlantico fra
USA e Ue, bloccare il negoziato TISA sulla liberalizzazione di tutti
i servizi e impedire la ratifica del CETA, l’accordo di libero
scambio fra Ue e Canada.
Serve
una netta inversione di rotta : Il
TTIP dev’essere fermato subito per riaprire la strada ad un nuovo
modello sociale, fatto di beni comuni, diritti e democrazia, in
Italia e in Europa. La
grande manifestazione di Berlino ha dimostrato le
capacità di radicamento di una lotta ,che nessuna imposizione,
nessun diktat potrà sopprimere.
Anche
nel nostro Paese Questa capacità di mobilitazione deve consolidarsi
ed esprimersi e avere continuità ben oltre la data del 17 ottobre.
Ricordiamo
che il 6 ottobre si è conclusa con un successo senza precedenti la
prima fase della raccolta di firme dell’iniziativa autorganizzata
dei cittadini europei contro il TTIP e il CETA.
È stato superato anche il tetto dei
3 milioni di adesioni, a dimostrazione che esiste una opposizione
vasta e trasversale agli accordi di libero scambio. Questo dissenso è
in costante crescita e non può più essere trascurato dalle
istituzioni: il processo di ratifica del CETA non deve avvenire
ignorando le preoccupazioni della società civile, così come le
trattative su TTIP, TiSA e TPP non godono del consenso necessario per
proseguire.
La
continua mancanza di trasparenza da parte dei negoziatori è
inaccettabile e le numerose mine per la democrazia contenute in
questi accordi devono essere disinnescate.
Ne è un esempio il
TPP, Trans Pacific Partnership, “fratello” del TTIP sul fronte
del Pacifico. Dopo un lungo negoziato segreto, gli Stati Uniti
insieme ad altri 11 Paesi di America, Asia e Oceania sono giunti ad
un accordo che ora passerà al vaglio dei governi nazionali. Ma
il TPP , oltre ad essere svincolato dal rispetto dei patti
internazionali sul cambiamento climatico, presenta innumerevoli punti
critici e certo porterà
ad un aumento della deforestazione e dell’inquinamento, renderà
più difficile l’accesso ai farmaci generici per le fasce più
povere di popolazione e conterrà una clausola ISDS che permetterà
di anteporre i profitti delle multinazionali ai diritti dei
popoli. Le
mobilitazioni delle prossime settimane, e l’obiettivo di tre
milioni di firme raggiunto e superato, possono però invertire la
rotta poichè il tentativo
da parte della Commissione europea e dei governi di tenere sotto
silenzio un negoziato così importante è difatto fallito.
Ormai sono milioni
i cittadini che non sono disposti a svendere o dismettere standard
di qualità, un tessuto economico fatto di piccola e media impresa,
una pesante riorganizzazione del tessuto sociale europeo in cambio
delle finte promesse fatte da chi, grazie a questo trattato,
risulterà vincitore. Dalla crisi si esce in modo diverso:
scommettendo sui territori, su un’agricoltura sostenibile e sempre
più localizzata, sulla difesa dei diritti e non sul loro lento
smantellamento. Questo sosteniamo come Campagna Stop TTIP Italia e
questo verrà ribadito in centinaia di piazze di tutta Europa nei
prossimi giorni ed ancora avanti .
********************************************
LA
MOBILITAZIONE EUROPEA CONTRO IL TTIP CONTINUA!
In
molte piazze europee i movimenti di cittadinanza attiva, le
associazioni , i comitati popolari dei consumatori /utenti si sono
ritrovati ed hanno dato continuità alla loro mobilitazione per
denunciare l’accelerazione sulla realizzazione del TTIP e per
manifestare tutta la loro contrarietà ad un accordo commerciale, la
cui natura e finalità limpidamente politiche, sono quelle, non tanto
di creare il più grande mercato atlantico occidentale (oltre
ottocento milioni di consumatori), quanto, nei fatti, uno spazio
geopolitico iperprotetto, recintato e governato dalle leggi del
neoliberismo, ad esclusivo vantaggio dei profitti delle
multinazionali, cioè a vantaggio - e nell’interesse - di quelle
lobby della finanza transnazionale e dei governi ad essa asserviti,
ed espressione della Troika europea e degli attuali vertici del
capitalismo finanziario.
Quello
del TTIP è il punto d’arrivo di un percorso che ha avuto inizio
oltre vent’anni fa, di cui sappiamo la cronologia (1), ma di cui
l’opinione pubblica non ha sufficiente memoria, poiché dei vari
passaggi che sin qui la cronaca politica ha registrato, permangono
opacità e zone d’ombra che inibiscono e hanno inibito, oltre al
solito silenzio stampa, una più ampia conoscenza e dunque una più
consapevole opposizione militante e di massa a questo piano.
Contro
il TTIP dobbiamo quindi portare avanti una battaglia di contro
informazione e soprattutto di cultura e anche questa iniziativa ha
perciò, innanzi tutto finalità divulgative, di conoscenza
sull’argomento, cui seguiranno altre a breve; ma oggi qui siamo
idealmente accanto a quanti in tutta Italia si ritrovano per
contestare e fare luce su quanto le burocrazie affaristiche del
neoliberismo occidentale stanno tramando, e cercando di concludere in
tutta segretezza, contro le popolazioni e i governi e i parlamenti
degli stati in cui esse vivono.
Per
non andare tanto indietro nel tempo ricordiamo che già nei primi
anni novanta del secolo scorso una prima dichiarazione congiunta USA
e UE istituiva un confronto permanente, che prevedeva come,
attraverso vertici annuali, potessero promuoversi politiche
liberoscambiste, e come attraverso varie tappe, a partire dal 3
dicembre 1995 allorquando a Madrid un vertice USA UE diede forma alla
cosiddetta Nuova Agenda Transatlantica, la cui rilettura oggi sarebbe
molto utile, questa vicenda abbia preso forma compiuta evolvendosi,
col tempo, nel progetto del Partenariato Transatlantico, di cui oggi
si è quasi all’epilogo.
I
contenuti di quell'agenda divennero, infatti, di lì a poco il
famigerato ALLEGATO 10 del Documento conclusivo della UE. (2)
Che
si proponeva e si propone ancora adesso di “...consolidare la
democrazia, l’economia di mercato, aperta in tutto il continente “,
e come in questa visione di futuro siano perciò determinanti la
condivisione del percorso su obiettivi dichiarati, e un’intesa
strategica USA /UE sui contenuti di programma che quel percorso
richiede: la creazione di un nuovo mercato transatlantico che
espanderà le opportunità commerciali e d’investimento, che
moltiplicherà i posti di lavoro sulle due sponde dell’Atlantico, -
così leggiamo nell’allegato- e che sarà un’iniziativa che “
contribuirà altresì ad accrescere il dinamismo dell’economia
mondiale”.
Oggi
queste asserzioni più che impensierire fanno sorridere, visto il
crack del 2007 e la crisi recessiva in cui l’Europa si dibatte, ma
mantengono intatte il loro valore e perciò vanno prese, per il
pericolo reale che ancor più oggi, nell'attuale temperie, esse
rappresentano.
Uno
dei più accreditati think tank del pensiero economico neoliberista,
il CEPR (Centro di ricerca dell’economia politica),
un’organizzazione patrocinata e finanziata da grandi banche (3),
asserisce che l’accordo una volta concluso farebbe crescere la
produzione di ricchezza ogni anno di 120 MLD di euro in Europa e 95
MLD di euro negli USA.
Dunque
saremmo vicini ad un futuro edenico se non addirittura irenico,
perché patrocinato dalle (non) leggi del mercato e perché protetto,
oltretutto dal vigile scudo della Nato, e non appena il modello
espansivo di accumulazione avrà ripreso consistenza, e a fluire
nell'economia reale, potrà ripartire la crescita. Assecondando le
ricette neoliberiste mai messe in discussione ma forse fraintese, mal
applicate, condizionate da legislazioni troppo democratiche.
Ecco,
a noi questa lettura pare non solo grottesca e deformante della
realtà; è proprio incredibile; in realtà la prospettiva oggi è
cambiata, perdurano situazioni di crisi economica, e recessive, di
guerra guerreggiata, di migrazioni di massa e se si insiste su questo
progetto ciò significa che l’approvazione, a tutti costi del TTIP,
e di altri accordi a esso collegati (il CETA con il Canada, ad
esempio) sono funzionali a un disegno di dominio che va respinto IN
QUANTO utile strumento di sostegno e di assecondamento delle
politiche rigoriste, dell'austerità a senso unico, di
destrutturazione e precarizzazione del Mercato del lavoro, di
esautorazione e svilimento della democrazia, rappresentativa e
parlamentare, dei diritti di civiltà che essa contempla, e che forse
oggi le classi dominanti giudicano obsoleti
Aperta
parentesi: ciò spiega anche, come oltre alle ultime prese di
posizione del viceministro Calenda, favorevoli al TTIP ed anche
all’ISDS (Investor- State Dispute Settlement, quel meccanismo per
cui si affida la risoluzione delle controversie ad un collegio
arbitrale internazionale sedicentemente neutro) l’accanimento di
Renzi e dei suoi pasdaran riconvertiti al pensiero unico
neoliberista, abbia continuato continui ad accanirsi, in quest'ultimo
anno, particolarmente contro i giovani (piano scuola, garanzia
giovani), contro i diritti del lavoro (art.18, jobs act) con
l’attacco alla Cgil ed ai sindacati assieme a Squinzi e Marchionne,
contro le tutele sociali ed ambientali (Sblocca Italia, Trivelle, DDL
Lupi), contro la Costituzione (abolizione senato, province, Cnel,
art.81, etc.), insomma contro la democrazia.
L’ultima
dichiarazione di un autorevole esponente del PD, Europarlamentare e
membro della Commissione Commercio internazionale, Alessia Mosca era
oltremodo apologetica sull'argomento. “Il TTIP sarebbe addirittura
“… l’ultima occasione per l’Europa per regolare la
globalizzazione. Serve piena consapevolezza dell’opportunità di
questo trattato.”
E
il commercio va inteso “come strumento non solo di arricchimento
economico ma anche di diffusione di buone regole di convivenza
collettiva”. Insomma banalità e omissioni sui contenuti, insomma
propaganda (vedi art. Corsera del 19 luglio u.s.)
Il
TTIP assolverebbe, infatti, ad una funzione molteplice:
1.
Innanzitutto questo accordo fa molto meno leva sull’abbassamento
delle tariffe di quanto si possa credere, le barriere doganali ormai
nell'era di Internet sono per lo più virtuali, quelle da abbattere
sono bensì la barriere NON tariffarie:
E
qui gli USA hanno recepito in pieno le direttive a suo tempo prodotte
dal WTO: ridurre tutte quelle barriere che sono di ostacolo o che
diminuiscono i profitti delle imprese quindi non solo le formalità
burocratiche ed amministrative, ma anche le norme tecniche, igieniche
e sanitarie, liberalizzando, senza più freni né interferenze da
parte dei paesi o degli stati sovrani, il commercio delle grandi
corporations e delle multinazionali. (5)
Quindi
gli accordi di libero scambio c'entrano poco o nulla con quanto si
sta discutendo in questi giorni. E non è con la “liberalizzazione
commerciale” che si creano posti di lavoro.
Il
progetto TTIP, perseguito dagli USA, punta a portare a casa tre
obiettivi: eliminare gli ultimi residui diritti doganali, ridurre le
barriere non tariffarie con un’armonizzazione delle norme, che sarà
ovviamente verso il basso, dare agli investitori strumenti giuridici
tali da poter spazzare via ogni ostacolo regolamentare, istituzionale
o giuridico che le loro politiche, la loro creatività espansiva,
dovessero malauguratamente incontrare.
E'
esempio recente il caso della Philip& Morris, la multinazionale
del tabacco, che ha citato per danni lo Stato dell'Uruguay, reo di
aver introdotto nel paese una legislazione antifumo.
Questa
modalità di intendere la logica liberoscambista, il principio di
apertura dei mercati, la concorrenza e la ricerca del profitto è
tanto diversa da somigliare però ancora e sempre, se non nella forma
nella sostanza, a quella ottocentesca, del cannoneggiamento dei porti
cinesi durante la guerra dell’oppio (4) ed all’espansionismo
colonialista verso oriente degli USA nello stesso periodo; e in
realtà la scelta del TTIP ha una buona dose di proiezione politica
anticinese, di riproposizione di interventismo militar/economico, di
contenimento delle aspirazioni europeiste manifestate dalle
organizzazioni sindacali e democratiche progressiste.
2.
Attualmente il TTIP viene gestito da un sistema di negoziazione i cui
attori principali risultano essere, apparentemente, cioè
formalmente, i funzionari della Commissione europea da una parte, i
funzionari del ministero del Commercio USA dall’altra.
In
realtà non è proprio così ed è più di una ipotesi il fatto che
queste figure istituzionali, i funzionari e i rappresentanti
all’europarlamento risultino essere sottoposte a fortissime
pressioni da parte delle lobby che governano questo processo, e che
in parte stanno dietro le quinte, di qua e di là dall'Atlantico, e
in parte intervengono in prima persona o avvalendosi di potenti
intermediari e occhiuti persuasori.
E, infatti, non parliamo solo di lobbisti ma di
quei facilitatori della finanza, parliamo di un mondo che a
Strasburgo, ma soprattutto a Bruxelles, conta, e che annovera un
numero di protagonisti molto più nutrito di quello parlamentare e
istituzionale.
Se
cioè oggi risultano essere accreditati dal voto popolare 751
deputati, il cosiddetto “Registro della Trasparenza” di Bruxelles
conta non qualche ma TANTISSIMA presenza in più.
Ben
6591 lobby, di cui 561 italiane (c' è anche la Confindustria) e
dunque tutti i loro staff che premono, e condizionano anche
attraverso contatti personali ed interferenze politiche, il lavoro
dei singoli europarlamentari, del personale tecnico amministrativo,
del funzionariato che presiede e presidia la governance complessa
della UE. (6)
Questo è un fattore non trascurabile di
condizionamento e di caratterizzazione di quello, e altri percorsi di
cui sopra le nostre teste si discute, ed è un percorso, che è stato
già sottratto, preventivamente ad ogni controllo o verifica
istituzionale, parlamentare, popolare.
Siamo
davanti a un fenomeno da cui poi ridiscendono, per fare un altro
esempio, le modalità con cui si concretizzano le politiche
legislative della UE, che poi vengono recepite dagli stati membri.
Le
leggi muovono dall’alto e da una posizione eurocentrica, da
Bruxelles alla periferia, di modo che quel 60% di leggi che ormai il
nostro Parlamento si limita a registrare e a introdurre nella nostra
legislazione, quasi senza fare una piega OGGI porta questo limite e
questo vulnus che indebolisce e rende sterile la nostra stessa
democrazia; ed è la logica di questo sistema che, di fatto, ha
sostituito o sta soppiantando la democrazia parlamentare e il sistema
rappresentativo della democrazia liberale, la nostra Costituzione, le
basi della nostra identità storica e della nostra stessa coesione
sociale, ben al di là, certo molto di più di quanto stia facendo il
governo Renzi.
3.
Le conseguenze, infatti, se venissero accolte le medicine
ultraliberiste del TTIP sarebbero micidiali per la UE ed il suo stato
di salute democratica. (8)
Gli
stati verrebbero privati di molte loro facoltà e prerogative, di
molte potestà di controllo, di regolamentazione del vivere civile e
di difesa e tutela delle istanze dei cittadini che essi governano,
di più la Ue stessa dovrebbe imporre ai suoi stati membri una
gravosa e inaudita perdita di sovranità, optando per una
legislazione a sovranità limitata e regressiva sul piano del diritto
e di molte conquiste sociali; ancora, chi dovesse contravvenire ai
precetti liberoscambisti che quell’accordo già mostra di contenere
nelle premesse -soggetto pubblico, privato o collettivo-, si
troverebbe esposto a ritorsioni politiche che si concretizzerebbero
in sanzioni finanziarie, pesantissime, e che potrebbero essere
quantificate in milioni di dollari.
L’evoluzione
di oggi – il TTIP dovrebbe essere approvato entro il 2015 -
smentisce brutalmente il positivo e rassicurante disegno a suo tempo
trasmessoci dalla UE allorquando asseriva che quell'accordo avrebbe
portato molti vantaggi ma che in virtù della sua pretesa efficienza
avrebbe dovuto fornire” il più alto livello di protezione
giuridica e di garanzie per gli investitori europei negli USA e
viceversa. “
Tradotto
in fatti concreti quella dichiarazione oggi potrà significare
soltanto che le multinazionali potranno attaccare o disattendere
impunemente tutte le leggi, le norme, le regole a difesa del
cittadino - che è anche consumatore, del lavoratore - che è anche
produttore, dell'ente locale - che è espressione del governo di uno
stato i cui compiti primari sono la rappresentanza e la difesa dei
diritti dei cittadini che esso amministra, si presume attraverso
leggi democratiche.
(Dunque
la mano libera, il laissez faire il laisez passer, di colbertiana
memoria che ci riporterebbe all’abolizione di ogni vincolo
all’attività economica, a ben prima della Rivoluzione francese, si
ripresenterebbe in maniera ben più coercitiva, violenta, appunto
globale!)
Con
l’approvazione del TTIP noi assisteremmo all’instaurazione di un
sistema giuridico elitario- ed autoritario - “sovranazionale” che
porrebbe lo Stato ed il cittadino in balia di soggetti privati ad
esso estranei, e sarebbero le multinazionali o comunque le imprese,
anche quelle italiane, che nel frattempo hanno traslocato all’estero
a poter imporre la loro volontà.
I
deliberati dell’accordo, infatti, non si applicherebbero solo agli
Stati ma a tutte le collettività pubbliche: comuni, province,
regioni, etc.
Un
comune che volesse protestare per un qualsivoglia fondato motivo
(qualità di un prodotto, pubblicità ingannevole, mancanza di
indicazioni sul confezionamento dello stesso, etc. tanto per restare
con gli esempi nel settore merceologico), potrebbe venire citato per
danni dall'impresa e sarebbe trascinato non già davanti ad un
tribunale amministrativo ma davanti ad un gruppo di arbitraggio
privato internazionale.
E'
sufficiente a determinare questo scenario, niente affatto ipotetico,
che una qualsivoglia realtà di quella che è oggi chiamata
“impresa”, percepisca come una limitazione - cioè causa di danno
per mancato profitto- una norma, o un solo articolo di legge, o un
contratto di lavoro o una disposizione comunale, in quanto
affievolimento del suo diritto di investire “
quello che vuole, dove vuole, quando vuole, come vuole, per trarne il
profitto che vuole.”
per dirla con le parole dell'attuale direttore generale di American
Express, proprio di quella multinazionale finanziaria che data dai
tempi di Buffalo Bill! ( 9)
Ora,
è vero che il leader della SPD, un anno fa aveva espresso la propria
contrarietà ai tribunali arbitrali, ed altri leader della UE avevano
espresso non poche perplessità su questa imposizione, ma non in
maniera tale da far recedere i loro interlocutori. Quel pericolo è
rimasto e perciò tra un mese si torna nelle piazze.
La
“Settimana di azione globale”, che dal 10 al 16 ottobre
mobiliterà centinaia di città in tutta Europa e negli Stati Uniti
dovrà servire a ribadire con più forza il NO, oltre che al TTIP, al
CETA- l'accordo commerciale tra Canada ed Unione europea, e al TISA,
il negoziato plurilaterale per la liberalizzazione dei servizi
4.
Infatti non c'è solo il TTIP a doverci preoccupare.
C'è
un’altra vicenda che ci interessa da vicino, che si svolge a
Ginevra e vede impegnati una cinquantina di paesi il cui obiettivo è
la realizzazione di un ACCORDO SUL COMMERCIO DEI SERVIZI.
Parliamo
del cosiddetto TISA (Trade in Services Agreement), cioè Accordo sul
commercio dei servizi, un accordo multilaterale che impegna 50 paesi
tra cui anche quelli facenti parte della UE e che, anch' esso,
dovrebbe concludersi, come in un ragionato gioco ad incastro, entro
il 2015.
Esso
trae origine dalle direttive che il WTO nel 1998 illustrò da
Marrakech annunciando al mondo come il Commercio internazionale
avrebbe dovuto procedere dopo la ricomposizione del mercato unico
mondiale: eliminare qualsiasi ostacolo alla concorrenza, organizzarsi
anche con poteri straordinari per realizzare la base di partenza per
la “liberalizzazione progressiva” di tutte le attività di
servizio; pervenire al risultato di poter aumentare gradualmente il
livello di liberalizzazione complessivo attraverso negoziati
successivi.
Il
WTO aveva individuato ed indicato dodici settori strategici su cui
intervenire:
1.
i servizi forniti alle imprese; 2.la comunicazione (poste,
audiovisivi, etc.); 3.costruzioni e ingegneria; 4.distribuzione;5
educazione; 6.ambiente; 7.servizi finanziari ed assicurativi;
8.salute e servizi sociali; 9.turismo; 10.servizi ricreativi,
culturali, sportivi;11. Trasporti, 12. Tutti i servizi non compresi
altrove.
Ricordiamo
inoltre come in una fase successiva il WTO avesse individuato per
questi macrosettori altri 160 sottosettori! (11)
Ora,
se tutto questo dovesse verificarsi sarebbe la fine di tutti i
servizi pubblici, l’acqua non sarebbe più ripubblicizzabile, e noi
assisteremmo ad una “liberalizzazione” che di fatto si
tradurrebbe concretamente nell'aperta sottomissione di tutta la
società al diktat di una concorrenza alla quale nessuna norma
sociale, legale, ambientale, civile, etc., potrebbe più opporsi.
Ora
se immaginiamo le mense scolastiche di un qualsivoglia comune della
Repubblica in mano della Coca Cola, o dell’Ikea, e che queste
realtà possano discutere del tipo di contratto (individuale) da
applicare al personale dipendente, quindi la paga, i giorni di ferie,
l’orario di lavoro, non facciamo fantascienza o fantapolitica o
inutile allarmismo.
Se
immaginiamo la liberalizzazione del servizio postale senza più
garanzie di copertura del servizio universale, quindi il recapito una
volta alla settimana, non è ipotesi catastrofista. Accadrà a breve
col prossimo piano industriale e la quotazione in borsa di Poste
Italiane.
Queste
saranno le derive concrete, la proiezione di quella pessima politica
che gli apprendisti stregoni del governo Renzi stanno predisponendo e
confezionando.
E
per farlo con efficacia anche qui chiediamo ai lavoratori, alle donne
ai cittadini di essere protagonisti nell’articolare e produrre sul
territorio presenze di informazione ed iniziative su questo tema, di
immaginare e costruire più aggreganti e inclusive forme di
opposizione al neoliberismo, alle politiche di privatizzazione e di
saccheggio dei beni comuni, praticando le diverse forme di democrazia
partecipata, di pressione sulle istituzione e verso i massmedia, che
spesso poco o niente dicono di questo problema.
Serve
la partecipazione, la condivisione nella comprensione dell'importanza
decisiva che il TTIP riveste per il nostro futuro. Non giriamo la
testa dall’altra parte.
Noi
ci limitiamo a chiedere sommessamente e alla società civile e alle
sue forme organizzate – partiti, associazioni, comitati,
organizzazioni sindacali – di ripartire anche da qui, da questo
terreno comune per esaltare obiettivi di maggior progresso sociale e
civile, di più uguaglianza e democrazia per far vivere un progetto
di società fondato sul lavoro, sulla pace ed il progresso, sugli
ideali di solidarietà e di giustizia sociale.
*********************************************
NOTE
per
una sommaria cronologia cfr “le Monde Diplomatique” ed ital. ,
giugno 2014 , pag 11 e segg, nonché art. di Halimi, S. “ “I
potenti ridisegnano il mondo”, ibidem
-
Il
CEPR ( Centre for Economic Policy Research ) è una istituzione
fondata nel 1999 da Dean Baker e Mark Weisbrot , si avvale della
consulenza di politici ed economisti tra cui compare, per un breve
periodo anche Joseph Stieglitz ; vedi il sito della Fondazione
stessa www.cepr.net;
In
realta le “ guerre dell' oppio “ sono state e due,la prima si
svolse dal 1840 al 1842, la seconda dal 1856 al 1858, nel corso di
questo secondo conflitto una flotta britannica cannoneggiò Canton,
poi un corpo di spedizione anglo-franco-americano raggiunse Pechino
e bombardò lo stesso Palazzo imperiale. (vedi cap.I “Storia della
Cina contemporanea”, Ed . Riuniti, 1956 )
Sulla
conformazione attuale del sistema di comando del capitalismo
mondiale c'è uno studio dell' Istituto Politecnico di Zurigo ( “
The Network of global corporate control” ) che tenta una mappatura
descrittiva ed analitica delle sue articolazioni e ramificazioni
sinoa lla cuspide.
Sulle
lobbies ed il cd “Registro della Trasparenza” vedi
europa.eu/rapid/press-release_IP-11-773_it.htm; e numerosi articoli
da quotidiani (ad es. “Il Fatto “ ed.1/2/2014 ) o siti come
www.cadoinpiedi.it;
-
-
Storicamente
la American Express nacque con la Wells and Fargo nel 1852,
rapidamente da impresa di trasporti e comunicazione evolse in
impresa finanziaria.
Dichiarazione
ripresa da “il manifesto” sabato 11 ottobre 2014, articolo di
J.Rosatelli. Pag.4.
Sull'
argomento vedi ancora “Le monde Diplomatique” di giugno 2014 ,
art. di R.M.Jennard e R.Lambert ( “La mondializzazione
felice, istruzioni per l' uso” ); di W.Jacklein /”.. e dieci
minacce per i popoli europei”) con relative note e bibliografia
*********************************************************
APPUNTI
E NOTE STORICHE
La
comunità europea sta discutendo degli accordi che dovrebbero
risolvere gli enormi problemi che nel 2008 sono stati prodotti
nell’economia globale dalle grandi bolle immobiliari. I titoli
tossici portarono nel gennaio 2008 la MBIA (Municipal Bond Insurance
Association) con sede a Armonk New York ad annunciare una perdita di
2,3 miliardi di dollari causata da polizze che contenevano
obbligazioni con mutui
subprime.
CDO (Collaterilized Debt Obligation) falliti venivano ripagati con
CDS (Credit Default Swap). Quando le insolvenze cominciarono a
presentarsi, chi aveva emesso i CDS cominciò ad avere problemi. La
AIG (American International Group) che aveva assicurato con CDS gli
enormi CDO della Lehman Brothers si trovò praticamente in
bancarotta. La Federal Reserve propose un pacchetto di salvataggio,
subito accettato dalla AIG, che divenne il più grande piano di
salvataggio del governo di una società privata nella storia degli
Stati Uniti. Le certezze dell’economia nel mondo erano sparite
portando con se decine di migliaia di miliardi di dollari di titoli a
livello globale. I governi, per salvare la situazione, si imbarcarono
in una corsa alla nazionalizzazione delle banche, delle assicurazioni
e delle industrie automobilistiche superiore addirittura a quella
della rivoluzione russa del 1917.
Alan
Greenspan (con il mandato scaduto nel 2006), che per 18 anni e mezzo
era stato capo della Federal Reserve, venne invitato dalla House
Oversight Committee (Comitato di vigilanza della Camera) a dare
spiegazioni. Greenspan riconobbe il grave errore di aver pensato che
i mercati liberi non avessero bisogno di controllo.
Ora
si vuole imporre come panacea per la crisi una serie di accordi
(TTIP, CETA, TISA, ISDS) per due mercati enormi, gli USA e la EU,
che presentano delle sostanziali differenze tra loro per la loro
visione sociale e ambientale e di sostenibilità. Questi accordi, che
si vorrebbero concludere alla fine del 2015, vengono discussi in gran
segretezza già dal 2013. Soltanto nell’ottobre 2014 alcuni
documenti sono stati “declassificati”, e dell’informazione
sostanzialmente propedeutica e supportata da filmati è stata messa
a disposizione nel sito della EU. Approfondire e cercare informazione
in questo sito diventa però un gioco dell’oca. Tale difficoltà è
illustrata nella scheda del gruppo SumOfUs.
Date
rilevanti
Nascita
dell’Unione Europea
9
maggio 1950: La Dichiarazione Schuman esprime la volontà di
un’Europa che porterà all’istituzione della Comunità europea
del carbone e dell’acciao.
18
aprile 1951: i sei stati fondatori nel 1951 (Germania Ovest,
Francia,Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo) firmano il
trattato di Parigi, che istituisce ufficialmente la Comunità
europea del carbone e dell’acciaio (CECA).
23
maggio 1952: i sei stati firmano il trattato istitutivo della
Comunità europea di difesa.
30
agosto 1954: l’Assemblea nazionale francese rigetta la CED, che
non entrerà mai in vigore .
1°
giugno 1955: Dal 1° al 3° giugno si svolge la fondamentale
Conferenza di Messina
25
marzo 1957: I trattati di Roma istituiscono la Comunità economica
europea.
L’Unione
Europea ispira altri accordi tra nazioni in altri continenti:
FTA
(Free
Trade Agreement)
tra
il Canada e gli USA, sottoscritto nel 1988.
NAFTA:
(North
American Free Trade Agreement
) la partecipazione del Messico al FTA, sopra menzionato, trasforma
l’accordo dandogli un nuovo nome ed entra in vigore il 1° gennaio
1994.
Gli
scopi principali dell’accordo erano:
eliminare
le barriere alle importazioni e facilitare il movimento intra-area
di beni e servizi tra i territori delle parti;
promuovere
le condizioni di leale concorrenza nell’area di libero scambio;
incrementare
le opportunità di investimento nei territori delle parti;
fornire
protezione adeguata ed effettiva, e rinforzare i diritti di
proprietà intellettuale nel territorio di ogni parte;
creare
procedure efficaci per l’implementazione e l’applicazione di
questo accordo, per le amministrazioni congiunte e per la
risoluzione delle controversie;
stabilire
un quadro per una ulteriore cooperazione trilaterale, regionale e
multilaterale, al fine di espandere e accrescere i benefici di
questo accordo.
NAAEC
- Accordo Nord-Americano per la Cooperazione Ambientale.
NAALC
- Accordo Nord-Americano sulla Cooperazione nel Lavoro.
Questi
due accordi sono stati aggiunti solo in un secondo tempo come
complemento del NAFTA
per dare una risposta alle preoccupazioni degli ambientalisti e degli
osservatori sociali,
Avendo
però i tre Paesi partecipanti siglato a loro volta accordi con altri
Paesi, divenne difficile creare un’omogeneità doganale. Tra le
criticità bisogna menzionare pure il fatto che il Messico non è
stato capace di fermare l’importazione di mais transgenico
incentivato, che viene prodotto dagli USA a un prezzo estremamente
basso. I produttori messicani, i quali rispettano la biodiversità,
non reggono alla concorrenza; di conseguenza abbandonano il lavoro
agricolo e guardano alla migrazione verso gli USA come l’unica
possibilità per sopravvivere. Il NAFTA rende liberi il commercio e
il transito delle merci tra i paesi membri, libertà che non si
applica invece agli essere umani che trovano un muro alla frontiera
con gli USA e sono costretti a rischiare la vita attraversando i
deserti del Texas o dell’Arizona. La polizia statunitense si trova
così ad affrontare un flusso aggiunto di migranti causati dalle
stesse politiche economiche e dai negoziati. In realtà, si era
pensato di creare uno spazio d’accoglienza per “lavoratori
ospiti”, ma quest’idea è stata bloccata dopo l’11 settembre
2001. Il Nafta ha portato ad un aumento consistente di interscambi
economici al prezzo di un aumento della disuguaglianza. Ricchi più
ricchi. Poveri più poveri. L’applicazione del Nafta fu subito
seguita da una rivolta di protesta dell’Esercito Zapatista e dalla
prima dichiarazione dalla selva Lacandona del Comandante Marcos.
CAFTA-DR
(Central
America - Dominican Republic Free Trade Agreement) - Accordo
sottoscritto nel
2004 tra sei Stati centroamericani e gli USA.
All’inizio l’accordo comprendeva gli Stati Uniti e le cinque
Nazioni dell’America Centrale (Guatemala, Salvador, Honduras,
Nicaragua e Costa Rica) e si chiamava soltanto CAFTA. Nel 2004 si
aggiunse anche la Repubblica Dominicana.
Parlando
del CAFTA-DR è interessante ricordare un articolo d’opinione dal
titolo “Perché sono contrario al CAFTA” pubblicato dal giornale
Chicago
Tribune
il 30 giugno 2005 e scritto dall’allora neo-eletto senatore junior
per lo Stato dell’Illinois Barack
Obama.
Questi dichiarava che si sarebbe astenuto dal votare l’accordo del
CAFTA-DR perché a suo parere: “There
are real problems in the agreement itself. It
does less to protect labor than previous trade agreements, and does
little to address enforcement of basic environmental standards in the
Central American countries and the Dominican Republic”.
(“ci
sono dei veri problemi nell’accordo stesso perché questo fa meno
per proteggere i nostri lavoratori che altri accordi di scambio e fa
molto poco per affrontare l'applicazione delle norme ambientali
fondamentali nei paesi dell'America centrale e nella Repubblica
Dominicana”).
Il
Presidente George W. Bush e i suoi esponenti di governo fecero
pressione attraverso le lobby riuscendo ad ottenere l’approvazione
dell’accordo il 2 agosto 2005. Dopo la sua rattifica, El Salvador
divenne la prima nazione dell’America Centrale ad attuare l'accordo
il 1 marzo 2006. L’articolo 10 del DR-CAFTA comprende molte
disposizioni per gli investitori. Le clausole, create ostentatamente
per incentivare gli investimenti stranieri, permettono alle
corporazioni transnazionali di risolvere le controversie di
investimento attraverso un tribunale internazionale anziché
negoziare con i singoli governi. Il primo caso presentato al
tribunale internazionale riguarda una società esploratrice per la
ricerca dell’oro che ha fatto richiesta di procedura arbitrale nei
confronti del governo salvadoregno per una presunta violazione di
abilitazione di permessi esplorativi in conformità con le leggi
minerarie. La Società ha chiesto una compensazione di 77 milioni di
dollari. La richiesta, lievitata negli anni, aveva raggiunto nel 2012
la cifra di 300 milioni.
Il
Costa Rica ha avuto pure una vertenza da un gruppo di “claimants”
alla quale ha risposto secondo la United Nations Commission on
International Trade Law Arbitration Rules ("UNCITRAL Rules").
Progetti
per la ricerca e lo sfruttamento di miniere d’oro sono stati
fortemente contestati dalle popolazione dell’Honduras e del
Guatemala per il pesante impatto ambientale. Queste nazioni
centroamericane hanno fermato le concessioni minerarie per proteggere
dall’inquinamento l’acqua, bene fondamentale per la popolazione e
indispensabile per la sopravvivenza.
Transatlantic
Economic Partnership
(TEP),
A
conclusione del vertice del 18 maggio del 1998 tra gli USA e la EU,
tenutosi a Londra, fu emessa una dichiarazione sulla formazione del
Transatlantic Economic Partnership (TEP), indicando una serie di
elementi per un’iniziativa che avrebbe aumentato ed esteso azioni
multilaterali e bilaterali di cooperazione e azioni comuni nel campo
del commercio e degli investimenti con un programma di scadenze per
raggiungere risultati specifici. Questo piano, creato dopo intense e
dettagliate discussioni tra l’Amministrazione statunitense e la
Commissione europea, è la base per un accordo simile al NAFTA che,
creato successivamente, sarebbe stato chiamato TAFTA
(Trans
european free trade area).
Transatlantic
Economic Council (TEC) è
una piattaforma organizzata tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea
per gestire la cooperazione economica. E’ stata siglata con un
accordo sottoscritto il 30 aprile 2007 alla Casa Bianca tra il
Presidente USA George W. Bush, l’allora presidente del Consiglio
Europeo cancelliere Angela Merkel e il presidente della Commissione
europea José Manuel Barroso. Il TEC è stato presieduto all'inizio
dal rappresentante degli USA Caroline Atkinson (Deputy National
Security Advisor for International Economic Affairs), e da Cecilia
Malmström (Commissario Europeo per il Commercio). Suo scopo è
quello di definire gli obbiettivi del partenariato economico e di
armonizzare i regolamenti. Altre priorità comprendono: la sicurezza
stradale e la conservazione dei carburanti, le prove sui cosmetici
(cercando di trovare alternative alle cavie animali), le tecnologie e
una maggior cooperazione. Il Consiglio è stato criticato per la sua
tendenza a impantanarsi in piccoli particolari e per l’incapacità
di produrre risultati.
Durante
l’incontro del TEC tenutosi il 17 dicembre 2010 a Washington,DC, i
dirigenti del U.S – EU Transatlantic Economic Council hanno fatto
una dichiarazione congiunta.
Nel
2013 hanno avuto inizio discussioni segrete tra gli USA e la UE,
“declassified” nell’ottobre 2014.
Link
Attualmente
gli Stati Uniti lavorano su diversi accordi di libero scambio qui
elencati:
United
States Free Trade Agreements
|
Existing
|
Bilateral |
Australia,
Bahrain, Chile, Colombia,Israel, Jordan, Morocco, Oman, Panama,
Perù, Singapore, South Korea.
|
Multilateral |
Dominican
Republic and Central American Nations (DR-CAFTA) e North American
Free Trade Area (NAFTA)
|
Proposed
|
Bilateral |
Ecuador,
Ghana, Indonesia, Kenya, Kuwait, Malaysia, Mauritius, Mozambique,
New Zealand, Taiwan, United Arab Emirates, Uruguay
|
Multilateral |
Free
Trade Area of the Americas (FTAA), Free Trade Area of the
Asia-Pacific Region (FTAAP), Middle East Free Trade Area (MEFTA),
Transatlantic Free Trade Area (TAFTA), Trade
in Services Agreement (TISA),
Trans-Pacific Partnership (TPP), Transatlantic
Trade and Investment Partnership (TTIP)
|
Suspended |
Southern
African Customs Union (on hold since 2006), Thailand (on hold
after 2006 coup), Qatar (on hold since 2006)
|
Defunct
or expired
|
Canada
(became part of North American Free Trade Agreement).
Canada–United States Automotive Products Agreement
|
The
Trade In Services Agreement (TISA)
The
Trade in Services Agreement (TISA) (Accordo per la
Commercializzazione dei Servizi) è stato implementato tra gli USA e
Australia. Tale modello è stato ripreso a Ginevra, Svizzera per
essere applicato ad altre nazioni.
Nel
1995 la WTO ha fondato l’accordo generale per la
commercializzazione dei servizi.
Il
settore dei servizi è il più grosso datore di lavoro al mondo e
rappresenta il 70% del prodotto interno lordo globale. Negli USA il
settore dei servizi genera il 75% dell’uscita economica nazionale e
fornisce l’80% dei posti di lavoro nel settore privato. Gli USA
mantengono un’eccedenza nel commercio dei servizi di 220 miliardi
di dollari. Secondo l’ufficio del rappresentante del commercio, se
il commercio dei servizi raggiunge lo stesso potenziale
dell’esportazione dell’industria manifatturiera, l’aumento
delle esportazione USA potrebbe essere di 800 miliardi di dollari.
Su
questo accordo esistono molte perplessità. Il TISA riguarda il
libero scambio non di prodotti, bensì di servizi quali banche e
finanza, sanità, istruzione e ricerca, trasporti, telecomunicazioni,
ecc. Praticamente tutto quello che riguarda il nostro quotidiano. Se
ne discute a livello di Comunità Europea, tra governi, ma senza la
partecipazione e all’insaputa della cittadinanza. Il TISA reputa i
servizi beni commerciali senza considerare la funzione culturale,
ambientale o sociale, non è pertanto necessario nessun rapporto con
le persone o la comunità e i servizi possono essere eseguiti da
unità off-shore. La priorità è quella di aumentare i profitti e
ridurre i costi.
Viviane
Reding, già Commissario europeo per la giustizia, i diritti
fondamentali e la cittadinanza e attuale rapporteur al Parlamento
Europeo su TISA, ha voluto chiarire che alcuni servizi non possono
essere considerati in un simile trattato commerciale ed ha
riconosciuto la mancanza di trasparenza di tale accordo perché
“ancora avviene senza consultazioni dei parlamenti nazionali e
dunque dei cittadini”.
Transatlantic
Trade and Investment Partnership TTIP
Il
TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) è un negoziato
tra Unione europea e Stati Uniti per l’apertura della più grande
area di libero scambio conosciuta. Condotto lontano dagli occhi
indiscreti dell’opinione pubblica e dei parlamenti, porterebbe ad
una messa in discussione di standard e normative ambientali e
sociali, considerate troppo spesso come impedimenti tecnici al libero
commercio.
I
consorzi di tutela perderebbero la loro importanza e il loro
significato. In questo caso non si tratta solo di tariffe doganali,
che sono già molto basse, sotto il 3%, ma di barriere che riguardano
ad esempio i farmaci, le carni senza ormoni, coltivazioni
transgeniche, l’agricoltura spinta, pesticidi, fertilizzanti e
tecniche di coltivo. Nelle comunicazioni di Legambiente leggiamo che
il TTIP (Partenariato di commercio e di investimento transatlantico):
“Non
è una semplice trattativa di liberalizzazione commerciale, il
trattato, in realtà, vuole creare una sorta di spazio comune di
mercato tra noi e gli Usa, bypassando il più possibile non
tanto dazi e quote, mediamente già bassi tra loro e noi, ma tutte
quelle regole che tra le due sponde dell’Oceano abbiamo liberamente
posto ai nostri consumi, alle nostre produzioni, al nostro
vivere quotidiano. Soprattutto si vuole definitivamente porre la
logica del mercato al di sopra delle potestà politiche degli stati
e, per quanto riguarda noi, dell’Unione Europea. Sotto attacco non
sono soltanto servizi pubblici e beni comuni, a rischio di
privatizzazioni e svendite selvagge, ma quegli standard come la
sicurezza dei cibi, dell’ambiente, dei luoghi di lavoro, della
chimica, gli stessi contratti di lavoro, rispetto ai quali Europa e
Stati Uniti hanno idee e pratiche molto diverse, spacciando il
tutto come una delle soluzioni più efficaci per uscire dalla
crisi permettendo alle imprese europee di fare più affari negli
Stati Uniti. Per fare un esempio, che ci coinvolge direttamente, se
passeranno questi trattati non sarà più possibile per un paese come
l’Italia mettere al bando del proprio territorio gli OGM, ma anche
il made in Italy, dell’agroalimentare come del manifatturiero
avanzato, non potrà più difendersi dalle falsificazioni. È per
questo che movimenti, associazioni, sindacati, contadini,
organizzazioni sociali ma anche piccole imprese delle due sponde
dell'Atlantico hanno reagito collaborando strettamente per fermare
questa deriva. In Italia oltre 60 realtà sociali, del lavoro e
politiche, tra le quali Legambiente, hanno dato vita alla Campagna
#Stop TTIP
per contribuire a bloccare il negoziato il prima possibile e chiamano
alla mobilitazione movimenti e territori”.
Comprehensive
Economic and Trade Agreement (CETA)
Canada – U.E.
Nuovo
accordo di libero scambio sottoscritto a Ottawa il 26 settembre 2014
dopo 10 anni di discussioni. Deve essere ancora sottoscritto dal
Consiglio Europeo e dal Parlamento Europeo. Se approvato entrerà in
vigore nel 2016. Ci sono diverse criticità per questo accordo, ad
esempio: diritti d’autore, barriere doganali, diritti bancari,
tribunali per la protezione degli investimenti, espropriazioni
indirette (investimenti senza sufficiente guadagno), discussioni
sulle applicazioni ai cittadini della Repubblica Ceca, della Romania
della Bulgaria ecc.
WTO
World Trade Organization.
Ha due funzioni:
Investor
to State Dispute Settlement ISDS.
Questo
argomento riguarda la sovranità degli Stati e il potere delle
Multinazionali che Cecilia Malmström,
commissario europeo per il commercio nella commissione Juncker dal 1º
novembre 2014, ritiene
uno scoglio troppo grande. Cosa sarebbe questo ISDS? Questo è il
sistema d’arbitrato internazionale che gli USA chiedono
d’introdurre nel contratto di libero commercio. Questo sistema
d’arbitrato deciderebbe, in caso di controversia tra Stati e le
multinazionali, di comminare sanzioni e multe agli Stati in caso di
violazioni dei diritti degli investitori cambiando le regole del
gioco. Secondo il Presidente di Legambiente Nazionale Vittorio
Cogliati Dezza “Se ad esempio l’Italia introducesse limitazioni
all’uso degli Ogm, potrebbe succedere che alcune multinazionali
citino in giudizio lo Stato e che, al termine dell’arbitrato,
l’Italia debba pagare per una legge che tutela la salute dei suoi
cittadini. Ci
sono già i tribunali nazionali che si occupano di queste cose, non
devono essere scavalcati».
Alessandro Giannì, di Legambiente, teme una sproporzione tra il
potere d'influenza delle grandi transnazionali a tutto svantaggio
degli Stati. Un caso noto è quello della Philip Morris che ha citato
l’Australia in tribunale per le restrizioni sul packaging delle
sigarette, imposte da una legge a tutela della salute dei
consumatori. Questo arbitrato attacca la giurisdizione dello Stato
per la tutela dell’ambiente, della salute dei consumatori e delle
tipicità locale.
La
maniera di veder le cose degli USA e dell’UE possono non
coincidere. Il discorso diventa una lotta per la nostra identità e
le conquiste sociali e ambientali.
Gli
accordi siglati senza partecipazione e senza informazione alla
cittadinanza non sono democratici, mentre dovrebbero essere fatti con
trasparenza, partecipazione e grande rispetto perché coinvolgono il
nostro presente e il futuro delle nuove generazioni.
Percorso
storico: il Continente americano e l’Europa.
Alcune
notizie
Rodrigo
de Triana
Rodrigo
de Triana il 12 ottobre 1492 vide per primo la terra del nuovo mondo.
Non ricevette però il premio promesso al primo marinaio che avesse
avvistato la terra. Nel rione di Triana nella città di Siviglia fu
eretta una sua statua commemorativa.
Cristoforo
Colombo
Cristoforo
Colombo, che sarebbe diventato Vicerè delle terre scoperte, al
ritorno in Spagna dal suo terzo viaggio nel 1499 fu messo in catene
per ordine di Francisco de Bobadilla, inviato reale. In seguito fu
liberato, ma dovette rinunciare al titolo di Vicerè.
Carlo
V
Nella
città di Valladolid nel 1542 il re Carlo V sottoscrisse le “Leyes
Nuevas” che formalmente vietavano di ridurre in schiavitù i popoli
autoctoni del Nuovo Mondo. In realtà i popoli autoctoni continuarono
lavorare come servi degli spagnoli, dovevano convertirsi al
cristianesimo e giurare fedeltà ai re cattolici. Ancora oggi gli
indigeni americani lottano per il riconoscimento dei loro diritti, la
loro rappresentatività e contro la discriminazione razziale.
La
rivoluzione americana.
La
rivoluzione degli Stati Uniti contro la monarchia del re Giorgio III
(1763-1783) nacque per una questione di tasse emesse da un parlamento
dove i coloni emigrati negli Stati Uniti non avevano rappresentanza.
L'evento ebbe il suo apice con il famoso Tea Party e lo slogan “No
taxation without representation” (Nessuna tassazione senza
rappresentanza). Il 4 luglio 1776 fu dichiarata l’indipendenza
degli USA dall’Inghilterra. La rivoluzione si concluse nel 1783.
George Washington fu insediato come primo presidente degli USA il 30
aprile del 1789.
La
guerra dei sette anni.
La
guerra dei sette anni fu combattuta fra la Gran Bretagna e la Francia
dal 1754
al 1763. Teatro
degli scontri furono l’Europa, il Nordamerica, il Centroamerica, le
Filippine, e la costa occidentale dell'Africa (Senegal). Come
risultato del trattato di Parigi la Spagna perse la Florida, ma
ottenne la Louisiana (2.144.510 km² di territorio), che fu
restituita a Napoleone nel 1800, il quale la vendette poi agli USA
nel 1803, ai tempi della presidenza di Thomas Jefferson, con
l’operazione chiamata Louisiana
Purchase,
Accordi
tra i popoli autoctoni e i coloni.
Nonostante
siano innumerevoli gli accordi tra i popoli autoctoni dell’America
del Nord e i coloni, questi non furono mai rispettati. L’Indian
Removal Act firmato dal Presidente Andrew Jackson il 28 maggio del
1830 costrinse le grandi nazioni Cherokee, Chickasaw, Choktaw, Creek
e Seminole a spostarsi, sotto scorta militare lungo il “sentiero
delle lacrime”, in riserve all’ovest del Mississippi. Durante la
marcia decine di migliaia di indiani persero la vita. Tutto ciò per
far posto ai nuovi colonizzatori proveniente dell’Europa. Oggi i
popoli autoctoni negli USA ammontano a meno dell’1% della
popolazione.
Guerra
con il Messico. Accordo di Guadalupe Hidalgo del 2 febbraio 1848.
Dopo
due anni di guerra (1846-1848) durante l’amministrazione di James
Knox Polck, vinta dagli USA, si chiusero tutti i contenziosi con il
Messico con l’accordo di Guadalupe Hidalgo. Il Messico perse più
della metà del proprio territorio (circa 3 milioni di km²). Abraham
Lincoln e il generale vittorioso della guerra di secessione Ulyses
Grant si erano sempre dichiarati contrari a questa guerra di
conquista.
America
Latina e gli USA
Un
lungo periodo di convivenza difficile si è verificato dal 1940 ai
nostri giorni tra l’America Latina e gli USA per la presenza di
governi non democratici supportati dagli USA tramite la CIA. Risvolti
drammatici si riscontrano nella storia di nazioni quali: Cuba,
Venezuela, Uruguay, Bolivia, Ecuador, Guatemala, Cile, Paraguay, El
Salvador, Honduras, Nicaragua e Brasile.
CELAC
Per
poter negoziare con la Comunità Europea senza la tutela degli USA e
del Canada è stata avviata una nuova piattaforma di discussione:
Comunidad
de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC).
La
Celac è formata da tutti i 35 Paesi del Continente Americano, Cuba
compresa, senza il Canada e gli USA e senza le colonie dei Paesi
Europei (possedimenti francesi, inglesi, olandesi).
Per
creare questa organizzazione, i Capi di Stato dell’America Latina
si sono riuniti a Cancún Il 23 febbraio 2010.
Il
primo vertice UE-Celac si è svolto a gennaio del 2013 a Santiago del
Cile. Tema della discussione è stato un accordo di sviluppo
sostenibile con la promozione di investimenti che rispettino la
sostenibilità sociale e ambientale. Durante questo primo incontro è
stata approvata una dichiarazione politica congiunta e la definizione
di un piano d’azione.
Il
Papa Francesco I°.
Il
viaggio di Sua Santità il Santo Padre Francesco I, a Cuba e negli
USA (dopo la visita in Ecuador, Bolivia e Paraguay) è un grande e
importante evento per la riconciliazione e la pace dell’America e
del mondo. L’Enciclica
Laudato Si
è un documento di forte richiamo alla solidarietà e al rispetto
dell’ambiente, della sostenibilità della nostra casa comune e dei
diritti umani inalienabili di tutti i popoli della terra,
indipendentemente del loro credo, colore, cultura, etnia, lingua,
genere e situazione economica o sociale.
Fonti
Appunti
Yanis
Varoufakis, Asterios: “Il Minotauro”,
Luca
Martinelli, Editrice Missionaria Italiana,I colori del Mais.
Nuova
Ecologia, settembre 2015, “Mensile di Legambiente”
Alberto
Zoratti – Monica di Sisto – Marco Bersani, Emi, “Nelle mani dei
mercati”
El
Salvador Controversia
Costa
Rica controversia
Adam
Smith,Newton, La ricchezza delle nazioni.
Daniela
Sangalli – Aldo Corradi, Edizioni Paoline, In cammino con i miei
poveri. Monsignor Ramazzini: un vescovo in Guatemala.
Percorso
storico
Reinhold
Schneider, Suhrkamp: „Las Casas vor Karl V.”
Colegio
de México, Versión 2000: “Historia General de México”.
Asociación
de Amigos del Pais, “Historia General de Guatemala” (VI volume)
Leopoldo
Martínez C. Panorama: “La intervención norteamericana en México
1846-1848”.
Irwing
Wallace, Nel edition: The Man 1965
Eduardo
Galeano,”Las Venas Abiertas de la América Latina”
Octavio
Paz, Fondo de Cultura Economico, El laberinto de la soledad.
COMITATO
NOTTIP TRIESTE
COMITATO
NO TTIP DI TRIESTE
C/O
Legambiente Trieste
Presso
Circoscrizione Soci Banca Etica
Via
Donizetti 5/a, 34153 Trieste
Tel.
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Marino Calcinari)