Tre negri del Mali muoiono in una mattina di freddo e bora in Val Rosandra.
Viene
alla luce lo scandalo del lavoro clandestino: Trieste come punto di
transito di braccia, di turchi e negri per la Francia e la Germania.
"Il
Meridiano " allarga il discorso e dimostra che il lavoro nero fa parte
del nostro costume : cinquemila jugoslavi ogni giorno , lavorano, o
rischiano senza protezione , senza contratti, senza speranza, nelle
aziende e nei cantieri triestini."
Chi direbbe che queste parole siano state scritte quarant'anni fa?
Questa è la la traduzione di tre ampi articoli apparso sul Primorski Dnevnik 35 anni dopo:
Primorski
dnevnik, 21.10.2008
DOLINA
– Un anniversario doloroso
Insieme
per la speranza
In
occasione del 35. anniversario di quattro giovani lavoratori africani
– Commemorazione giovedì pomeriggio a Dolina
Il Comune di San
Dorligo della Valle - Dolina, in collaborazione con la Provincia di
Trieste, il Comitato regionale per la pace e i diritti umani, il
Tavolo della pace e il circolo culturale SKD Slovenec di S. Antonio –
Boršt, organizza il giorno giovedì
23 ottobre alle ore 15.00 una commemorazione per l'anniversario della
morte di quattro giovani immigrati africani. La celebrazione avrà
luogo nella sala consigliare del municipio di Dolina e ad essa
prenderanno parte il sindaco Fulvia Premolin, il sacerdote Luigi Di
Piazza, Abdou Faye, Alessandro Capuzzo e Mah Fofana. Alle ore 17. si
terrà una celebrazione funebre nel cimitero di S.
Antonio – Boršt, dove i quattro
giovani sono sepolti, alle ore 20. nel teatro comunale France
Prešeren di Bagnoli ci sarà un programma
culturale. Gli organizzatori ci hanno trasmesso una nota, che
pubblichiamo:
Sono
passati già 35 anni da quella notte tra il 12 e il 13 novembre 1973,
quando, come scrisse allora il quotidiano Primorski dnevnik, “il
bussare e le grida soffocate svegliarono alle quattro di mattina i
coniugi Mari nella loro casa attigua all’ex percorso ferroviario
sopra S. Antonio - Boršt”, non lontano
dall'odierno percorso ciclo-pedonale che collega Trieste a Kozina.
Alla visione di sagome di persone sconosciute, che parlavano una
lingua incomprensibile, i coniugi non ebbero il coraggio di uscire,
anche perchè la casa era isolata, proprio alla fine del paese.
Poco
dopo il sig. Bruno Hrvat, che veniva con la sua macchina dal vicino
abitato, venne fermato da un uomo di colore. Quest'ultimo voleva
entrare con veemenza nell'automobile, ripetendo disperatamente che
erano morti, morti. Il sig. Hrvat rimase impressionato e si rivolse
subito ai Carabinieri di Dolina che, raggiunto la curva della strada
che da S.Antonio-Boršt porta a S.Lorenzo-Jezero, si ritrovarono di
fronte a una scena raccapricciante: »tre giovani Africani giacevano
morti sul sedime stradale e nel prato davanti alla casa, il quarto
gemeva, mentre il compagno, che aveva chiesto aiuto, era ancora
cosciente, ma esausto«.
I
corpi dei tre giovani sono stati successivamente identificati: si
trattava dell'agricoltore 22-enne Seydou Dembele, del 19-enne Mamdor
Niakhate e del commerciante 27-enne Diambou Lassana, tutti e tre
dalla Repubblica di Mali, mentre gli altri due ragazzi sono stati
immediatamente trasportati all'ospedale locale. Quasi un mese più
tardi è stato scoperto nelle vicinanze anche il corpo del 25-enne
Djibj Somaili, proveniente dalla Mauritania.
La
notizia della morte misteriosa di quattro giovani africani ha fatto
immediatamente il giro del paese di S.Antonio- Boršt
e dei dintorni, dove sono andate diffondendosi notizie e spiegazioni
più o meno verosimili dell'accaduto: nuovi progetti di attentato
all'oleodotto, rese dei conti tra bande rivali, traffici di
stupefacenti ... Alla fine la verità si è rivelata molto più
semplice in tutta la sua crudeltà: sono morti di fame e di freddo,
mentre in prossimità della Val Rosandra cercavano di passare il
confine tra l'ex-Jugoslavia e l'Italia. I giovani erano affamati e
affaticati fino allo stremo. Il freddo autunnale, che quella notte
scese fino a 5-6 gradi centigradi, non li risparmiò. Dopo l'autopsia
il medico legale aggiunse mestamente che »non aveva mai visto corpi
così vigorosi, con polmoni e fegato così sani, ma con uno stomaco
ed un intestino così vuoti«.
Gli
inquirenti hanno successivamente constatato che i giovani erano
diretti in Francia, dove dovevano intraprendere un lavoro in nero.
Speravano di trovare, se non condizioni di vita più dignitose,
almeno cibo sufficiente per sopravvivere. Hanno lasciato le loro case
arrivando in aereo a Split (Spalato), proseguendo in autobus fino a
Rijeka (Fiume), da dove avrebbero dovuto prendere una nave per
Venezia e raggiungere la Francia via Milano.
Non è però andata come previsto: probabilmente non hanno ottenuto i
visti per l'Italia ed hanno così deciso di optare per un'altra via.
Raggiunto il paese di Kozina vicino al confine con l'Italia, hanno
seguito il percorso della vecchia ferrovia, avviandosi a piedi verso
il paese di S.Antonio –Boršt, dove doveva attenderli un altro
intermediario africano. Questo aveva il compito di guidare i gruppi
di lavoratori africani dalle zone di confine fino a Trieste e di
preparare, successivamente, la loro partenza verso i Paesi di
destinazione.
Questa
persona, assieme ad un amico con il quale viveva a Trieste presso
l'Hotel Roma, è stata catturata dai Carabinieri ed interrogata, ma i
veri responsabili non sono mai stati scoperti. Si è sospettato di
una rete di trafficanti dalla Liguria, ma le indagini si sono alla
fine arenate su un binario morto. È stato comunque confermato il
sospetto iniziale che già allora passava per Trieste un traffico
illegale di lavoratori di colore, tramite cui un'organizzazione
criminale faceva venire in Europa occidentale, dall'Africa Centrale e
dal Golfo di Guinea, giovani che aspiravano solo ad un pezzo di pane
e ad una vita degna di questo nome.
La
notizia della tragica morte degli immigrati clandestini ha colpito
l'opinione pubblica, specialmente nell'area del »Breg« e nel paese
di S.Antonio-Boršt, dove la popolazione locale ha deciso di
ospitare i resti delle povere vittime nel cimitero del paese. Per
questo l’Amministrazione Comunale di S.Dorligo – Dolina ha
accolto con favore l’ordinanza del Tribunale di provvedere alle
spese del funerale.
Quel
giorno, il 21 ottobre 1973, la sincera commozione e compartecipazione
degli abitanti della zona all’evento ha profondamente commosso il
fratello della vittima più giovane, il 27-enne Bouyagui
Niakhate, che, per salutare per l'ultima volta l'amato fratello, è
arrivato dalla Francia, dove lavorava da diversi anni e dove lo
avrebbe dovuto raggiungere il fratello minore. Il triste corteo dei
giovani del paese con le bare sulle spalle e delle ragazze, che li
accompagnavano con mazzi di fiori, salì in silenzio verso il
cimitero del paese con una corona del Comune davanti ad ogni bara.
Le
parole espresse dall'allora Sindaco, il Sig. Dušan Lovriha,
risultano ancor'oggi tragicamente attuali:
»Non sono stati uccisi né dalla bora né dal freddo della notte di
questo nostro territorio, ma dall'avidità degli sfuttatori del
lavoro, dai resti del colonialismo della seconda metà del 20°
secolo. L'arretratezza, la mancanza di sviluppo, la fame che
attanagliano due terzi della popolazione mondiale, hanno acceso in
questi poveri giovani la speranza di poter trovare in un'Europa
industrialmente sviluppata la soluzione alla loro sofferenza
millenaria. Questo corteo funebre sia allora di monito alla coscienza
umana, affinché si renda conto che questa gente non è straniera,
anche se proviene da lontano e ha un colore della pelle diverso dal
nostro...«.
Tragedie
simili, purtroppo, ci accompagnano oggi ogni mattina, mentre
sfogliamo il giornale, magari bevendo una tazza di caffé
caldo. Presto forse non le considereremo nemmeno notizie degne di
nota e non ci scandalizzeremo più leggendo delle calunnie, dello
sfruttamento o addirittura della morte dei vari odierni
»Seydou Dembele, Mamdor Niakhate, Diambou Lassana o di Djibj
Somaili«, che, proprio come questi ultimi 35 anni fa, lasciano oggi
le loro case per assicurare a sé stessi ed alle proprie famiglie
condizioni di vita più dignitose!
Pensiamo
solo a come, al funerale del 1973, il canto del coro locale, le
preghiere musulmane espresse da Bouyagui con le lacrime agli occhi,
il caloroso abbraccio della folla, che con una stretta di mano
cercava di esprimere quel cordoglio che non sapeva esternare con le
parole, ed infine la somma di danaro raccolta tra i presenti per dare
sostegno ai famigliari delle vittime, rappresentassero una prova
tangibile di come l'uomo, davanti alle difficoltà o in occasione di
una dolorosa perdita, sia capace di gesti sorprendenti!
Questo non deve cadere nell'oblio. Gli uomini non devono scordarsi di
essere innanzitutto confratelli, non devono dimenticare che la
nascita nella parte più o meno povera del globo è solo un caso e
che la vita può riservare a tutti sia momenti felici che amari.
Questo riguarda chiunque.
In
questi istanti dobbiamo ricordarci di essere prima di tutto persone e
come tali capaci di gesti generosi e nobili, soprattutto se ci
riconosciamo reciprocamente e se uniamo le forze, quando sono in
gioco i diritti umani fondamentali ... sia che questo avvenga nella
ristretta cerchia familiare che nell'ambito del villaggio, del
territorio locale, di una regione, di uno Stato, di un continente
oppure del mondo intero.
Primorski
dnevnik, 23.10.2008
COMMEMORAZIONE
– In occasione del 35. anniversario della loro tragica morte
S.Antonio–Boršt:
ricordo dei giovani Africani
Prima
la manifestazione nella sala del consiglio comunale, poi la
commemorazione nel cimitero di S.Antonio–Boršt e la serata nel
teatro comunale di Bagnoli
Didascalia foto:
“Il funerale dei giovani Africani a S. Antonio–Boršt. In primo
piano Bouyangui Niakhate, fratello della vittima più giovane”
Lo scorso martedì, il 21
ottobre, sono passati 35 anni da quando una grande folla di paesani
di S. Antonio–Boršt e di altri cittadini del comune di San
Dorligo-Dolina, si sono accomiatati con commozione dai tre giovani
africani il cui filo vitale è stato spezzato otto giorni prima nella
fredda e buia notte ai margini del paesino del “Breg”. Tutti
provenivano dal lontano e caldo Mali. Il più giovane aveva 19 anni,
il più anziano 27. La loro destinazione era il ricco occidente
europeo, erano in un certo senso i predecessori-vittime del commercio
inumano di merce umana, che nei decenni successivi è emerso in modo
sempre più drammatico attraverso la terraferma e il mare verso il
vecchio continente. Meno di un mese dopo la tragedia e dopo il
funerale dei tre, è stato rinvenuto vicino al luogo della morte il
quarto Africano. Aveva 25 anni e proveniva dalla Mauritania.
A S. Antonio–Boršt e
nelle sue vicinanze le persone si ricordano ancora del funerale dei
giovani Africani. Al cimitero paesano sono stati accompagnati da
quasi tutto il paese. C’erano molti giovani, coetanei bianchi dei
giovani sfortunati. L’allora sindaco Dušan
Lovriha si è accomiatato con commozione dai tre, ma in
particolare è stato commovente l’addio del fratello della vittima
più giovane. Proveniva dalla Francia, dove era diretto anche il
diciannovenne Mamdor, che con una preghiera musulmana ha espresso il
desiderio che al fratello e agli altri sia lieve la terra del “Breg”.
Gli abitanti di S.
Antonio–Boršt da allora curano la tomba dei giovani Africani.
L’amministrazione comunale locale li ricorda ad ogni anniversario
importante. Così sarà anche oggi.
Nella sala del consiglio
comunale alle ore 15.00 si terrà una commemorazione in occasione del
35. anniversario della morte dei giovani immigrati africani.
L’amministrazione comunale organizza l’evento in collaborazione
con la Provincia di Trieste, il Comitato regionale enti locali per al
pace, il Tavolo per la pace e il circolo culturale SKD Slavec di S.
Antonio–Boršt. Alla commemorazione parleranno il sindaco Fulvia
Premolin, il sacerdote Luigi Di Piazza, Abdou Faye, Alessandro
Capuzzo e Mah Fofana. Due ore dopo, alle ore 17.00 nel cimitero di S.
Antonio–Boršt presso le tombe dei quattro giovani Africani, avrà
luogo un rito funebre. In serata alle ore 20.00 nel teatro comunale
“France Prešeren” di Bagnoli avrà
luogo un programma culturale.
Primorski
dnevnik, 24.10.2008
S.
ANTONIO
– In occasione del 35. anniversario di quattro immigrati africani
La
morte non ha colore, ma è uguale per tutti
Il
fatto tragico del passato sia di monito a tutti coloro che seminano
l’intolleranza
Didascalia foto:
“Le tombe dei quattro Africani sono state sistemate nella parte
assolata del cimitero paesano”
Trentacinque anni fa vi
erano meno immigrati illegali di colore nel nostro territorio
rispetto ad oggi. Forse anche per questo, il fatto accaduto a S.
Antonio–Boršt a metà ottobre del 1973 ha profondamente scosso la
comunità paesana locale. Quattro giovani africani, dell’età tra i
diciannove e i ventisette anni hanno lasciato i posti in cui sono
nati, con la speranza di trovare in Europa una occupazione. Nel
bosco, nei pressi di S. Antonio li aspettava la morte, che in quella
notte di ottobre rispondeva al nome di “freddo”. La morte non ha
colore, ma è uguale per ogni persona, ha fatto presente ieri una
ragazza di colore nel cimitero di S. Antonio–Boršt, dove una tomba
curata, ricorda le vittime africane. La tomba è collocata sulla
parte assolata del cimitero, nella zona più esposta ai raggi del
sole: questi riscaldano simbolicamente da trentacinque anni Djibj,
Diambou, Mamdor e Seydou.
Il
Comune di San Dorligo – Dolina, si è inchinato ieri alla loro
memoria con una tavola rotonda, a cui hanno partecipato coloro che si
occupano quotidianamente degli immigrati e delle loro spesso
difficili storie di vita: Luigi Di Piazza, Abdou Faye, Alessandro
Capuzzo e Mah Fofana. In serata è stata
organizzata nel teatro comunale di Bagnoli-Boljunec una
manifestazione culturale, in pomeriggio, come detto, si è tenuta una
breve commemorazione nel cimitero di S. Antonio–Boršt, dove
le tombe sono state benedette dal parroco del paese. Il sindaco
Fulvia Premolin ha ricordato ai paesani che possono andar fieri del
fatto di aver risposto a quel fatto tragico con i valori della
tolleranza, della comprensione e dell’accettazione del diverso. Gli
stessi valori guidano il Comune di San Dorligo della Valle anche
oggi, ma lo stesso non si può dire di parecchi politici: anche per
questo motivo il ricordo al fatto tragico di S.
Antonio–Boršt, quest’anno è stato celebrato più
solennemente. Il ricordo sia monito a tutti coloro che seminano
l’intolleranza. (pd)
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