Report dell' assemblea di MERCOLEDI 20
maggio 2015 tenutasi a Trieste, In via Tarabochia 3, sul TEMA:
PRIVATIZZAZIONI- ACQUA MA NON SOLO-
UNA RIFLESSIONE COMUNE SULLA VICENDA
ACEGAS di TRIESTE
Gli interventi dei relatori
Marino Calcinari
(vedi la relazione
introduttiva allegata QUI)
ha
evidenziato la necessità di ribadire che l' acqua è un bene comune
e l' Acegas un patrimonio pubblico, due postulati su cui l' ATO
avrebbe dovuto insistere, le OO. SS. farsi sentire, ma cosi' non è
stato.
La vicenda oltretutto è iniziata nel
1996 , quasi vent' anni fa con la NU, poi è proseguita con la giunta
Illy colpendo l' acqua ed i cimiteri.
La prima domanda potrebbe essere: è
possibile reinternalizzare il servizio, o istituire una Commissione
speciale per ricostruire una società in house al fine di recuperare
la gestione pubblica, e se sì, quanto costerebbe l' operazione?
Voci che circolano, sostengono che
verrebbe a costare tra gli 80 ed i 120 milioni di euro.
Ma sul costo, ed il valore attuale di
Acegas in Hera, le dimensioni delle cifre oscillano.
Inoltre se fosse possibile
reinternalizzare, non è che poi i problemi sarebbero auomaticamente
risolti, anche perchè oggi non vi è piu' nessuno in grado di
seguire le dinamiche della vecchia filiera organizzativa del
servizio, perchè c'è stata una dispersione di saperi e competenze,
come conseguenza della frantumazione dell' originario modello
organizzativo.
E l' esito di quelle politiche si
vedono, e si toccano con mano se pensiamo alle perdite, cospicue
dell' acquedotto.
Una volta, pure col controllo
manutentivo del personale Acegas esse erano stimabili pari al 30,
35% , oggi sono passate oltre il 40%, ed a cio' si aggiungono i costi
accresciuti del' energia elettrica per pompare l' acqua mancante,
ma cio' viene fatto ricadere sulle bollette che pagano i cittadini.
Ed il cui costo, ad oggi, nonostante il referendum è aumentata del
50%!!
Ormai non servono piu' quindi le
mozioni in Comune.
Occorrerebbe ricostruire un Ufficio con
competenze di controllo e salvaguardia degli impianti e della
efficiente erogazione del servizio.
Il Comune non deve essere succube della
ex municipalizzata, per cui Hera addirittura ha convinto la giunta
di sottoscrivere quella delibera che poi è stata votata, e con
cui, in definitiva si punta alla gestione privata di tutti i servizi!
Ma
recuperare la propria autonomia e garantire altrimenti il servizio
pubblico, cosa che oggi non puo' più fare perchè è rimasto privo
di strumenti !
Ed in tal modo ha privato gli stessi
cittadini, di cui dovrebbe tutelare gli interessi generali, di ogni
possibile intervento e capacità di controllo sui servizi pubblici.
Iztok Furlanic
presidente del
Consiglio comunale di Trieste, e consigliere comunale pera la
Federazione della sinistra, ha proseguito l' intervento di Marino
Sossi ricordando la cronologia degli eventi che ci hanno portato
in questa situazione: dalla delibera del 1996 (giunta Illy) ad oggi.
Allora, quasi
vent' anni fa una delibera trasformò l' azienda Municipale in Spa,
col voto contrario del PRC, e fu base della continuità fino al 2000
di una politica gestionale che nominalmente manteneva la totalità
del controllo pubblico, ma di fatto preparava i presupposti della
sua dismissione.
L' episodio della
svolta fu la svendita del Termovalorizzatore, di proprietà
comunale, all' Acegas per una cifra tre volte inferiore al prezzo di
mercato (circa 33 Mld di vecchie lire al posto dei 100 miliardi
calcolati e stimabili), da qui tante polemiche ma nessuna correzione
di rotta significativa, anzi nel 2001 iniziò il processo di
privatizzazione vero e proprio, di collocamento sul mercato delle
quote eccedenti il 50, 1%.
Cosa significava?
che la proprietà restava nominalmente in mano al comune, ma di fatto
c'era una modalità di comportamenti politici, che vedeva concordi
centrodestra e centrosinistra, che condividevano la stessa politica
economica ; il processo di fusione con APS di Padova, nel 2003, è
stato un passaggio “ obbligato”, e conseguente, si creava una
holding, proprietaria per il 68% della nuova società – il privato-
cioè vari azionisti detenevano il 32%, ma in cui Trieste deteneva
il 50, 1% (ancora) delle quote e Padova il 49, 9% .
Ma cosa ci è
costato allora mantenere la maggioranza? Quale prezzo, diretto o
indiretto il Comune ha dovuto pagare per mantenere, apparentemente,
il controllo pubblico?
Nel 2005, col voto
favorevole del centrodestra, si arrivò alla vendita del 50% delle
azioni della holding ed è questo il passaggio che preludeva ed
accompagnava la fusione, cioè l' assimilazione ad Hera.
Nel 2011 il
sindaco Dipiazza se ne andò, ma le politiche neoliberiste non
mutarono di segno su questo terreno.
L'
anno seguente infatti, con i soli voti contrari della FdS e del M5S
(ed alcuni del centrodestra) il Centrosinistra approvò la
delibera che dava il via libera alla fusione con Hera, società di
Bologna, già quotata in borsa dove la presenza pubblica deteneva
allora circa il 61 % delle azioni, il resto era privatizzato, ma, se
escludiamo il flottante, appariva significativa la presenza di
investitori istituzionali, tra cui società assicurative come la
SIM, banche, società di gestione del risparmio, istituti di credito,
addirittura la Lazard Asset Management Pacific Company, una filiale
di Lazard Freres & Co, una delle prime banche di investimento
globali (vedi il sito www.
gruppohera. it).
Ma mentre a
Bologna e nei comuni limitrofi molti consiglieri comunali del PD si
opponevano e si verificarono strappi significativi con SEL, PRC e
IDV, che chiedevano di rispettare il voto referendario del 2011, a
Trieste niente di tutto questo puo' dirsi sia accaduto.
Come mai?
Motivi di
ripensamento e di opposizione non sarebbero mancati.
Del resto la
stessa Acegas allora aveva una quota rilevante privatizzata ed erano
consistenti le partecipazioni dei cosiddetti “investitori
istituzionali” : Banca Intesa San Paolo, la Fondazione Bancaria
CRT di Trieste, ecc. .
Una realtà in cui
da tempo l' utilità sociale dei servizi, le modalità della loro
erogazione, contavano pochissimo, ma prevalevano già le logiche
finanziarie e speculative, si faceva cassa con il patrimonio pubblico
e si passava all' incasso con il rigonfiamento delle bollette e
tagliando il costo del lavoro.
Oltretutto in un
quadro del genere il peso politico del Comune era pressochè nullo,
le scelte del consiglio d' amministrazione erano totalmente
disgiunte dalle esigenze e necessità dei cittadini.
L' atto finale si
registra quindi nell' aprile di quest' anno, e fa seguito a quanto
avvenuto nel dicembre 2014, quando il Patto di Sindacato venne
procrastinato, quasi all' unanimità di soli sei mesi.
Adesso veniva
modificata la parte di Statuto che prevedeva la garanzia del
mantenimento del 51% delle azioni, chiaro segnale di accelerazione
delle privatizzazioni, di erosione della presenza pubblica di
scadimento e sparizione del servizio pubblico.
Angelo d' Adamo
(Federconsumatori)
riporta un dato
che anche molte statistiche e rilevamenti d' opinione confermano:
oggi il cittadino ha molti problemi soprattutto in quanto utente (o
cliente) e/o consumatore, per il venir meno di quel concetto che una
volta era l' “universalità “ del servizio.
La compresenza sul
mercato di molti gestori privati, la deregolamentazione di importanti
segmenti di servizio pubblico, i problemi maggiori che oggi la
Federconsumatori registra dalla sua postazione, ascoltando ed
intervenendo nel merito dei quesiti, attengono innanzitutto il
settore sanitario, la salute, le case di riposo, e poi i comparti
della PA, e moltissimi l' utenza telefonica privata.
Anche qui però,
il giudizio non deve essere univoco, la privatizzazione della
telefonia che ha fatto seguito al processo di liberalizzazione ha
consentito, -secondo D' Adamo- nell' ottica della concorrenzialità
delle offerte, tariffe piu' basse, con costi contrattabili, pur nell'
individualizzazione dilatata dell' offerta, mentre sul versante
energetico (gas, acqua, elettricità) i problemi, sì, sono stati
ben piu' rilevanti.
I cittadini
lamentano disagi, bollette incomprensibili, sospensioni nella
fornitura del servizio, non c'è chiarezza nell' eventuale rivalsa
che come Associazione avanziamo verso le stesse aziende, mentre
potrebbe servire un intervento del legislatore in tal senso.
Molte persone sono
stressate, non capiscono cosa stia succedendo, parlano di caos e
marasma, come sinonimi di disordine e confusione sociale, di
impazzimento di consuetudini non piu' garantite e certo qui non c'è
stato alcun risparmio per l' utenza.
I costi sono
aumentati.
Ma il dilemma non
è l' alternativa tra pubblico e privato, la gestione puo' essere
pessima in tutte e due le versioni, serve una condizione che obblighi
pero' il privato al rispetto del cittadino e dunque un contratto di
servizio con clausole precise e che contempli l' attenzione e la
presenza dell' Ente Pubblico, E non da ultimo la qualità e l'
universalità del servizio.
D' Adamo ricorda
come il FVG sia stata tra le prime regioni in Italia a
privatizzare il Trasporto pubblico locale (TPL), e che inizialmente
questa operazione aveva consentito di adeguare le reti di servizio
a situazioni di modernità e di recupero di efficienza, e tenendo in
ordine e sotto controllo i costi d' esercizio, e però, oggi, tutto
sembra avere cambiato di segno. Ci sono stati tagli e scadimento
della qualità del servizio.
Sul voto in
consiglio comunale egli spiega di aver votato la delibera a favore
dell' abbassamento della quota per tre motivi: il primo per coerenza,
essendo subentrato ad un altro consigliere PD ed avendo raccolto l'
eredità di un precedente indirizzo politico sull' argomento, era
impossibile modificare tutto in corso d' opera, piu' logico
garantirne la continuità, il secondo si giustificava con l'
assenza di un disegno o percorso politico alternativo, essendo ormai
divenuto anacronistico il vecchio modello pubblico, il terzo motivo
era ed è che oggi il comune ha i conti a posto, che pur essendoci
problemi di risorse, l' Acegas in Hera vale molto di piu', in un
prossimo futuro si potrà riacquisire il servizio gas, e quindi è
impossibile tirarsi fuori da queste dinamiche.
Oscar Garcia Murga
ha esposto la posizione di LegAmbiente sulla vicenda ed ha allegato un intervento scritto (vedi)
La Vicesindaco di Napoli Elena
Coccia ha inviato un saluto ed
un videointervento per la nostra iniziativa:
Nel
corso del dibattito sono intervenuti Jacopo Venier
(“Illy, contro cui abbiamo combattuto una dura battaglia per
impedire la privatizzazione dell' Acegas è stato un anticipatore del
renzismo, ma questa battaglia va ripresa”) Lino Santoro,
(“perdiamo il 40% dell' acqua, perchè abbiamo perso le competenze
tecniche, è stato declassato il lavoro tecnico, ha prevalso la
logica clientelare anche col privato, poi si è dato tutto in
appalto e si sono lasciati soli gli utenti, l' ATO cosi' com'è è
inutile, serve una CONSULTA DEGLI UTENTI”), una cittadina s'è
lamentata del servizio di erogazione del' energia elettrica ed ha
esposto il suo caso, di contatori chiusi d' imperio dall'
amministratore del condominio, poi sostituiti, ma imponendo una
valutazione di consumo presumibile che ha fatto lievitare il costo
annuo da 113 a 205 euro, con bollette che arrivano ogni 4 mesi!
Marco Bersani
che ha tirato le fila degli interventi per una prima sintesi di
riflessione ha iniziato quindi il suo intervento ricordando come
Federconsumatori fosse stata tra i soggetti politici promotori del
referendum sul' acqua e quindi per coerenza, il minimo che ci si
dovrebbe aspettare da una organizzazione che tutela i diritti del
cittadino consumatore sarebbe stato una logica continuazione dell'
impegno politico nella direzione che i referendum di quattro anni fa
avevano indicato.
E dunque i motivi
per cui oggi va difesa la Posta pubblica , la Sanità pubblica, la
Scuola pubblica e soprattutto far funzionare bene tutto il settore
pubblico sono evidenti, chiari e non mancano. Le privatizzazioni non
sono state la soluzione, ma un problema in piu' per il paese!
E' ora di farla
finita, quindi col mantra delle privatizzazioni! Sono trent' anni che
subiamo politiche di privatizzazioni e vogliamo pure insistere?
MA
DOVE SI FANNO I PROFITTI CON L' ACQUA ??! (e soprattutto come. .) ?
Nelle quattro
modalità consolidate e praticate dalla logica del neoliberismo
aziendale che possono essere così riassunte:
- Diminuendo il costo del lavoro, con subappalti, esternalizzazioni, riduzione dei diritti sociali e contrattuali dei lavoratori;
- attraverso la riduzione degli investimenti, come nel caso specifico ha fatto HERA nell' ultimo periodo e che poi si indebita per pagare gli utili agli azionisti; oltretutto le SpA non hanno piu' facoltà di controllo pubblico se sono quotate in borsa.
- Riduzione (e peggioramento) della qualità del servizio
- Aumento delle tariffe
Certo qualcosa è cambiato, non tutto
il quadro è così negativo come sembra, la via d' uscita c'è, lo
dimostrano le 140 ripubblicizzazioni di sistemi idrici nel mondo,
di cui 90 in Europa, in Francia ad esempio, oltre 30 città hanno
ripubblicizzato l' acqua, e da noi non c'è solo Napoli, che però ha
avuto il merito di fare da apripista a questa esperienza.
Però è necessario che siano gli EELL
ad assumere l' iniziativa, quanto meno sul versante istituzionale,
non basta la riduzione del danno, certo fa strano che qui a Trieste
il movimento per l' acqua pubblica sia scomparso e che un
rappresentante della Federconsumatori abbia scordato l' internità di
questa organizzazione a quel movimento ; ma è evidente che in
questa fase di crisi sistemica, non solo economica ma di civiltà, il
disorientamento sia tanto e l' alternativa che serve vada ricostruita
partendo da queste contraddizioni. E superandole.
La favola liberista che catturò l'
immaginario collettivo negli anni 80 è giunta ormai al capolinea.
Siamo passati dalla saturazione
produttiva alla rivoluzione neoinformatica, poi con la
finanziarizzazione che consentiva il realizzo di capitale saltando la
fase della produzione e dell' accumulazione dei profitti, abbiamo
incappato il tunnel della crisi che perdura ed è proprio in questo
quadro segnato dal disastro che il finanzcapitalismo ha creato che
vanno ricercato le ragioni per una fuoruscita.
Il primo presupposto è quello di saper
sottrarre i beni comuni dagli attacchi e dal saccheggio che
il neoliberismo persegue, affermando che ad esempio terreni come
quelli della sanità, dell' istruzione dell' acqua non siano beni
economici su cui far valere le logiche di mercato.
Quindi campagne ed iniziative di massa
da costruire sono un primo inizio in tal senso.
In secondo luogo bisogna avviare una
campagna per riaffermare il ruolo dei comuni e piu' in generale delle
articolazioni democratiche dello stato sui territori, quindi
contrastare il disegno di Renzi che questo tessuto vuole distruggere
ed impoverire, per stabilire, come nella scuola, una catena di
comando senza piu' corpi intermedi a difesa dei diritti dei
cittadini, dobbiamo impedire la svendita del gioielli di famiglia, o
di quel che ne resta, e sviluppare una battaglia anche per rompere
quel patto di stabilità interno che oggi lega le mani ai Comuni
stessi che non possono piu' disporre di risorse per fornire servizi
ai cittadini che amministrano, poiché è logico che seppure in
presenza di questo stato di coercizione, per definizione il sindaco
non puo' svendere i beni comuni ed il servizio pubblico come qui è
stato fatto, il compito del sindaco è tutelare questi beni, non
piazzarli sul mercato per fare cassa e consentire l' arricchimento
altrui.
A Roma l' ACEA fa leggere i contatori
una volta all' anno ma è evidente che cio' deriva per contenere il
costo del lavoro. Se noi reiteriamo questo, ed altri piccoli episodi
che afferiscono le modalità attuali di erogazione del servizio,
notiamo che c'è stato nell' ultimo decennio un trasferimento
complessivo di risorse dalle esigenze dei cittadini al loro reimpiego
sul versante delle grandi opere e dei grandi eventi : Chi ci guadagna
è evidente.
La fusione di HERA con ACEGAS è
evidente che serva a tale scopo, e che, visto il rapporto di
forza tra le due realtà sarà HERA che scriverà il pano industriale
di Acegas e le delibere per il Comune. Che fare? innanzitutto
organizzarsi, ANDARE IN COMUNE e CHIEDERE DI VEDERE I CONTI, cioè
vedere il bilancio di Hera, e magari scoprire che è indebitata.
Allora si tratterà di saper fare
marcia indietro.
Se si vuole reinternalizzare il
servizio, si dovrà chiudere il contratto e che alla sua
rescissione si dovranno anticipare le somme degli eventuali
investimenti realizzati, ma tale somma, anche se fosse elevata,
sarebbe recuperabile col costo delle bollette che in cinque anni
sarebbero incassate, nel frattempo va ripensato, in una ottica piu'
globale, il CICLO DELL' ENERGIA.
Inserendo in un piattaforma
rivendicativa di ripubblicizzazione , ad esempio, il ciclo dei
rifiuti e quello delle energie alternative, delle fonti rinnovabili,
il solare diffuso.
Si tratta di battere il piano del
governo che vuol realizzare, attraverso la concentrazione di quattro
megautility, il controllo energetico del Nord : la A2A (Milano) la
IREN (Piemonte, Liguria), la HERA(Bologna, Pd, Modena, Pesaro) ed
infine l' ACEA (Toscana, Umbria, Lazio) diverrebbero i pilastri
di una grande proiezione speculativa e finanziaria che incanalerebbe
i profitti delle ex municipalizzate verso quell' orizzonte di flusso
del capitale destinato a rimodellare gli assetti economici e sociali
del paese e che si salderebbe, in uno scenario prossimo, futuro ma
non tanto lontano, con le politiche previste dal TTIP se venisse
adottato in sede comunitaria, europea e nazionale.
Certo in questo quadro manca il sud,
poiché l' Acquedotto Pugliese non è stato (ancora) privatizzato ma
questo è un motivo in più per far partire una campagna diffusa sui
territori per smascherare e contrastare questo disegno.
Nessuno può pensare di vincere questa
battaglia da solo, tanto più se dovesse perdurare questa solitudine
competitiva, che oggi mette non solo i comuni l' uno contro l' altro,
quando non li accorpa o li sopprime, o come avverrebbe nel DDL di
Renzi sulla scuola, un istituto contro l'altro, e poi ancora i
cittadini, isolati nella sfera del consumo o dell' assistenzialismo a
basso costo, gli operai sul posto di lavoro o disoccupati, gli uni
contro gli altri, né servono le relazioni privatistiche che si sono
create in questi tempi e che attraverso contratti individuali e patti
di sindacato hanno demolito la trasparenza dell' amministrazione
pubblica e colpito l' universalità dei servizi.
Noi dobbiamo saper ricostruire
partecipazione motivata e solidale su questo terreno per battere la
passività e la rassegnazione sociale, gli spazi ci sono, usiamoli.
Su quest' ultima riflessione, che è un
invito a dare seguito all' iniziativa contro le privatizzazioni, l'
assemblea si chiude. Il lavoro politico continua.
(Marino Calcinari)
23 maggio 2015
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