Il
referendum di domenica non riguarda la permanenza o no della
Grecia nell’eurozona. Questa è scontata e nessuno può contestarla.
Domenica dobbiamo scegliere se accettare l’accordo specifico
oppure rivendicare subito, una volta espresso il responso del popolo,
una soluzione sostenibile.
In
ogni caso voglio assicurare al popolo greco che la ferma intenzione
del governo è quella di ottenere un accordo con i partners, in
condizioni però di sostenibilità e di prospettiva per il futuro.
Già l’indomani della nostra decisione di proclamare un referendum
sono state poste sul tavolo proposte riguardanti il debito e la
necessità di ristrutturarlo, migliori di quelle che ci erano state
presentate fino a venerdì. Non le abbiamo lasciate cadere.
Abbiamo
immediatamente presentato le nostre controproposte, chiedendo
una soluzione sostenibile. È per questa ragione che c’è stata la
riunione straordinaria dell’eurogruppo ieri e ci sarà una nuova
riunione oggi pomeriggio. Se ci sarà una conclusione positiva, noi
risponderemo immediatamente. In ogni caso, il governo greco rimane
al tavolo del negoziato e continuerà a rimanerci fino alla fine. Ma
ci rimarrà su questo tavolo anche lunedì, subito dopo il referendum,
in condizioni più favorevoli per la parte greca. Il verdetto
popolare, infatti, è sempre più potente rispetto alla volontà di un
governo. Vorrei anche ribadire che il ricorso alla volontà popolare
è uno dei fondamenti delle tradizioni europee.
In
momenti cruciali della storia europea, i popoli hanno preso
decisioni importanti attraverso lo strumento del referendum. E’
successo in Francia e in tanti altri paesi, dove si sono svolti
referendum sulla Costituzione europea. E’ successo in Irlanda,
dove un referendum ha temporaneamente sospeso il Trattato di
Lisbona e ha condotto a un nuovo negoziato, dal quale l’Irlanda ha
ottenuto condizioni migliori. Nel caso della Grecia, purtroppo, si
usano due metri e due misure.
Personalmente,
non mi sarei mai aspettato che l’Europa democratica non riesca
a comprendere la necessità di lasciare a un popolo sovrano lo spazio
e il tempo necessario perché faccia le sue scelte riguardo al
proprio futuro. Sono prevalsi ambienti estremisti conservatori
e di conseguenza le banche del nostro paese sono state portate
all’asfissia. L’obiettivo è evidente: esercitare un ricatto che parte
dal governo e arriva fino a ogni singolo cittadino greco.
E’
infatti inaccettabile in un’Europa della solidarietà e del
rispetto reciproco, vedere queste scene vergognose: far chiudere le
banche proprio perché il governo ha deciso di far parlare il
popolo, creare disagi a migliaia di anziani, per i quali, malgrado
l’asfissia finanziaria, il governo si è preoccupato e ha fatto in
modo che la loro pensione fosse regolarmente versata nei loro conti.
A queste persone dobbiamo delle spiegazioni. E’ per proteggere
le vostre pensioni che stiamo dando battaglia tutti questi mesi. Per
proteggere il vostro diritto a una pensione dignitosa e non a una
mancia. Le proposte che, in maniera ricattatoria, ci hanno
chiesto di sottoscrivere prevedevano un taglio consistente
delle pensioni. Per questo motivo ci siamo rifiutati, per questo
oggi si vendicano.
E’
stato dato al governo greco un ultimatum che comprendeva
esattamente la stessa ricetta, comprendente tutte le misure ancora
non applicate del vecchio Memorandum di austerità. Come se non
bastasse, non hanno previsto alcuna forma di alleggerimento del
debito né di finanziamento dello sviluppo. L’ultimatum non è stato
accettato. Poiché in regime di democrazia non ci sono strade senza
uscita, l’ovvia via d’uscita era quella di rivolgerci al popolo, ed
è stato esattamente quello che abbiamo fatto.
Sono
pienamente consapevole che in queste ore c’è un’orgia di
catastrofismo. Vi ricattano e vi invitano a votare sì a tutte le
misure chieste dai creditori, senza alcuna visibile via d’uscita
dalla crisi. Vogliono fare dire anche a voi, come succedeva nei quei
giorni bui della nostra vita parlamentare che abbiamo lasciato
dietro di noi, sì a tutto. Farvi diventare simili a loro, complici
nel piano di farci rimanere per sempre sotto l’austerità.
Dall’altra
parte, il no non è una semplice parola d’ordine. Il no rappresenta
un passo decisivo verso un accordo migliore che puntiamo
a sottoscrivere subito dopo la proclamazione dei risultati di
domenica. Sarà l’inequivocabile scelta del popolo riguardo le sue
condizioni di vita nei giorni a venire. No non significa rottura con
l’Europa, ma ritorno all’Europa dei valori. No significa pressione
potente per un accordo economicamente sostenibile che trovi una
soluzione al problema del debito, non lo farà schizzare a livelli
insostenibili, non costituirà un eterno ostacolo verso i nostri
sforzi per far riprendere l’economia greca e dare sollievo alla
società. No significa pressione forte per un accordo socialmente equo
che distribuirà il peso ai possidenti e non ai lavoratori
dipendenti e ai pensionati.
Un
accordo cioè che porterà in tempi brevi il paese a essere di nuovo
presente nei mercati finanziari internazionali, in modo che si
ponga termine alla sorveglianza straniera e al commissariamento.
Un accordo che comprenda quelle riforme che puniranno una volta per
sempre gli intrecci insani tra politica, mezzi d’informazione e potere
economico che hanno contraddistinto in tutti questi anni il
vecchio sistema politico. Nel contempo potrà affrontare la crisi
umanitaria: stenderà, in altre parole, una rete di sicurezza per
tutti quelli che oggi sono stati spinti all’emarginazione grazie alle
politiche seguite in tutti questi anni nel nostro paese.
Greche
e greci, sono pienamente consapevole delle difficoltà che state
affrontando. Mi impegno personalmente a fare qualunque cosa
perché siano provvisorie. Alcuni fanno dipendere la permanenza
della Grecia all’eurozona dal risultato del referendum. Mi accusano
di avere un’agenda segreta: nel caso di vittoria del no, far uscire
il paese dall’Unione Europea. Mentono sapendo di mentire. Sono quelli
stessi che dicevano le stesse cose nel passato e rendono un pessimo
servizio sia al nostro popolo che all’Europa. D’altronde, sapete bene
che un anno fa io stesso ero candidato per la presidenza della
Commissione alle elezioni per il Parlamento europeo.
Anche
allora ho detto agli europei che le politiche di austerità devono
finire, che non è questa la strada per uscire dalla crisi, che il
programma applicato alla Grecia è stato un fallimento. E che
l’Europa deve smettere di comportarsi in maniera non democratica.
Pochi
mesi più tardi, nel gennaio del 2015, il nostro popolo ha sigillato
questa scelta. Sfortunatamente, alcuni in Europa si rifiutano di
comprendere questa verità, non la vogliono ammettere. Quelli che
preferiscono un’Europa ancorata in logiche autoritarie, di
disprezzo verso le regole democratiche, che vogliono un’Europa unita
solo in maniera epidermica e tenuta insieme dal Fmi, non hanno una
visione degna dell’Europa. Sono politici senza coraggio che non
riescono a pensare come europei.
A
loro fianco sta il nostro sistema politico che ha portato il paese
alla bancarotta e ora si propone di gettare la colpa a noi, a chi
cerca di far finire questa marcia verso il disastro. Sognano il loro
ritorno: lo hanno progettato nel caso che noi avessimo accettato
l’ultimatum – hanno pubblicamente chiesto la nomina di un altro
premier per applicarlo– ma continuano anche adesso, che abbiamo dato
la parola al popolo. Parlano di colpo di stato. Ma la democrazia non
è un colpo di stato, i governi nominati da fuori sono un colpo
di stato.
Greche
e greci, voglio ringraziarvi con tutto il cuore per la calma e il
sangue freddo che state mostrando in ogni momento di questa
settimana difficile. Voglio assicurarvi che questa situazione
non durerà a lungo. Sarà provvisoria. Gli stipendi e le pensioni
non andranno persi. I conti dei cittadini che hanno scelto di non
portare i loro soldi all’estero non saranno sacrificati sull’altare
dei ricatti e delle oscure manovre politiche. Assumo io
personalmente la responsabilità di trovare una soluzione al più
presto, subito dopo la conclusione del referendum. Allo stesso
tempo rivolgo l’appello di sostenere questo processo negoziale, vi
chiedo di dire no alle ricette di austerità che stanno distruggendo
l’Europa.
Vi
chiedo di accettare la strada di una soluzione sostenibile, di
aprire una brillante pagina di democrazia, nella speranza certa di
un accordo migliore. Siamo responsabili verso i nostri genitori,
i nostri figli e verso noi stessi. E’ il nostro debito verso la storia.
(a cura di Dimitri Deliolanes)
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