Una vertenza ventennale che
caratterizza l' immobilismo della politica e condiziona le proposte
sullo sviluppo industriale della città di Trieste : è questo il
costo pagato e che pagheranno i lavoratori, i cittadini, i giovani.
La vicenda della Ferriera è esemplare,
a parte le cronache di questi giorni , per piu' motivi.
Il primo : non si rappresenta mai ,
se non inserito in una logica di ragionamento subalterna all'
impresa , il punto di vista dei lavoratori.
Il quotidiano locale , ad esempio, con
ammirevole efficacia , ha fornito dovizia di particolari sui buoni
propositi dell' impresa che ha rilevato lo storico stabilimento
triestino , ma nel merito di un quadro di informazioni piu'
complessivo che facesse luce o mettesse in risalto , i punti critici
dell' AdP, il punto di vista dei lavoratori, del sindacato- che in
quella realtà è niente affatto unitario – la carenza è stata
quanto mai greve.
Il secondo motivo è la deformazione
o la dismissione di ogni pensiero critico .
Il 12 marzo 2015 la maggioranza
consiliare di centrosinistra ignorava, sia la petizione popolare dei
cittadini di Servola sull' argomento, sia quella del consigliere di
Sel Marino Sossi e la Federazione della Sinistra per bocca di Iztok
Furlanic , giungeva a sostenere il punto di vista di Arvedi (“ ..l'
area a caldo andava chiusa dieci anni fa quando inquinava :ora c'è
un imprenditore che vuole LIMITARE L' inquinamento. Rinunciare a
priori in questo momento a centinaia di posti di lavoro non mi sembra
una scelta giusta” ) .
Certo tutto cio' non giustifica, però,
a vent' anni dalla grande crisi - quella del 1994 poi risolta dando
carta bianca a Lucchini, con gli esiti che sappiamo - come non solo
non si sia fatto un passo in avanti sulla strada della riconversione
, ma anche come si sia drammaticamente eroso quel margine di “
umanizzazione della vicenda “ che una volta teneva assieme le
ragioni del mondo del lavoro con quelle della crescita civile e
democratica della cittadinanza della sua coesione sociale, di tutele
e diritti esigibili.
A vent' anni di distanza , e con lo
sguardo rivolto alla vertenza Ilva di Taranto, oggi è chiaro , o
almeno comprensibile , che il vero ostacolo alla possibile soluzione
della Ferriera è ascrivibile alla subordinazione della politica
alla logica dell' impresa ( e della finanza) che ha preso il
sopravvento, che ha cancellato le ragioni di cittadinanza e
lavoratori, che ha piegato ed oscurato le motivazioni per proporre
una alternativa di sviluppo compatibile con l' ambiente e rispettoso
della salute , sia dei dipendenti che dei cittadini.
Eppure in tempi nemmeno lontani, ben
diversamente si earno mosse le sensibilità sociali e politiche
Nel marzo 1995 il PRC sosteneva che
“.. se è vero che alla crisi della siderurgia triestina si
giunge per responsabilità della gestione pubblica , è altrettanto
vero il clamoroso fallimento del primo tentativo di privatizzare lo
stabilimento di Servola. “
Facendo capire che il costo in salute
e ambiente dovuto al' attività siderurgica era dovuto fin tanto che
non si trovava un finanziamento pubblico che permettesse all'
imprenditore di bonificare e riconvertire la produzione investendo
il meno possibile.
A seguire tutte le iniziative degli
ambientalisti e delle Associazioni cittadine con filmati, denunce e
manifestazioni per evidenziare il degrado ed il peggioramento
prodotto dall' attività siderurgica a cui si è sempre risposto che
preliminarmente si sarebbe dovuto individuare l' apporto diretto
dello stabilimento (!) nell' inquinamento; e per ultimo la denuncia
fatta martedi 28 luglio 2015 dai deputati del M5S sulla realtà di
Servola attraverso “La valutazione di reperti ambientali
tramite indagine nanodiagnostica di microscopia elettronica a
scansione e microanalisi a raggi X” , e le conclusioni cui
quel lavoro perviene , e che evidenzia il diretto coinvolgimento
dello stabilimento come causa dell' inquinamento.
Documento di
parte ma che corrisponde alla resistenza e le capacità di
mobilitazione dei cittadini che non intendono continuare a pagare le
conseguenze di una politica dissennata, a cui
è seguita sla reazione dell’azienda , i cui legali hanno inviato
una lettera di diffida all' Associazione No smog
nonostante l' assessore comunale all' Ambiente avesse dichiarato
senza tanti giri di parole : Arvedi non controlla l' inquinamento, la
gestione della fabbrica è preoccupante, c'è carenza nella
conduzione dello stabilimento, ci sono stati peggioramenti
ambientali.
Una battaglia di civiltà, in difesa
del lavoro e della salute, quindi, anche qui a Trieste non potrebbe
avere successo se innanzitutto non riuscisse a limitare o a trovare i
giusti contrappesi su due precisi capisaldi : la riconversione e la
reindustralizzazione controllata del territorio , obiettivi che
servono a garantire e formare su basi sicure un programma di sviluppo
eco compatibile per la città perchè , restando fermi o sposando le
logiche compatibiliste, di questo modello sociale , né Trieste, né
il nostro paese avrebbero piu' possibilità di ' futuro, avendo
perduto, con la capacità di critica, quella preservazione della
memoria , per poterne progettare uno diverso .
Marino Calcinari
Antonio Saulle
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