domenica 24 maggio 2015

Report dell' assemblea PRIVATIZZAZIONI- ACQUA MA NON SOLO



Report dell' assemblea di MERCOLEDI 20 maggio 2015 tenutasi a Trieste, In via Tarabochia 3, sul TEMA:

PRIVATIZZAZIONI- ACQUA MA NON SOLO-
UNA RIFLESSIONE COMUNE SULLA VICENDA ACEGAS di TRIESTE
e le PROPOSTE DI ALTERNATIVA per UN PROGRAMMA DI SINISTRA



Gli interventi dei relatori

Marino Calcinari
(vedi la relazione introduttiva allegata QUI)

Marino Sossi, consigliere comunale di SEL,


ha evidenziato la necessità di ribadire che l' acqua è un bene comune e l' Acegas un patrimonio pubblico, due postulati su cui l' ATO avrebbe dovuto insistere, le OO. SS. farsi sentire, ma cosi' non è stato.
La vicenda oltretutto è iniziata nel 1996 , quasi vent' anni fa con la NU, poi è proseguita con la giunta Illy colpendo l' acqua ed i cimiteri.

La prima domanda potrebbe essere: è possibile reinternalizzare il servizio, o istituire una Commissione speciale per ricostruire una società in house al fine di recuperare la gestione pubblica, e se sì, quanto costerebbe l' operazione?
Voci che circolano, sostengono che verrebbe a costare tra gli 80 ed i 120 milioni di euro.
Ma sul costo, ed il valore attuale di Acegas in Hera, le dimensioni delle cifre oscillano.

Inoltre se fosse possibile reinternalizzare, non è che poi i problemi sarebbero auomaticamente risolti, anche perchè oggi non vi è piu' nessuno in grado di seguire le dinamiche della vecchia filiera organizzativa del servizio, perchè c'è stata una dispersione di saperi e competenze, come conseguenza della frantumazione dell' originario modello organizzativo.
E l' esito di quelle politiche si vedono, e si toccano con mano se pensiamo alle perdite, cospicue dell' acquedotto.

Una volta, pure col controllo manutentivo del personale Acegas esse erano stimabili pari al 30, 35% , oggi sono passate oltre il 40%, ed a cio' si aggiungono i costi accresciuti del' energia elettrica per pompare l' acqua mancante, ma cio' viene fatto ricadere sulle bollette che pagano i cittadini. Ed il cui costo, ad oggi, nonostante il referendum è aumentata del 50%!!
Ormai non servono piu' quindi le mozioni in Comune.
Occorrerebbe ricostruire un Ufficio con competenze di controllo e salvaguardia degli impianti e della efficiente erogazione del servizio.
Il Comune non deve essere succube della ex municipalizzata, per cui Hera addirittura ha convinto la giunta di sottoscrivere quella delibera che poi è stata votata, e con cui, in definitiva si punta alla gestione privata di tutti i servizi! Ma recuperare la propria autonomia e garantire altrimenti il servizio pubblico, cosa che oggi non puo' più fare perchè è rimasto privo di strumenti !

Ed in tal modo ha privato gli stessi cittadini, di cui dovrebbe tutelare gli interessi generali, di ogni possibile intervento e capacità di controllo sui servizi pubblici.

Iztok Furlanic
presidente del Consiglio comunale di Trieste, e consigliere comunale pera la Federazione della sinistra, ha proseguito l' intervento di Marino Sossi ricordando la cronologia degli eventi che ci hanno portato in questa situazione: dalla delibera del 1996 (giunta Illy) ad oggi.

Allora, quasi vent' anni fa una delibera trasformò l' azienda Municipale in Spa, col voto contrario del PRC, e fu base della continuità fino al 2000 di una politica gestionale che nominalmente manteneva la totalità del controllo pubblico, ma di fatto preparava i presupposti della sua dismissione.
L' episodio della svolta fu la svendita del Termovalorizzatore, di proprietà comunale, all' Acegas per una cifra tre volte inferiore al prezzo di mercato (circa 33 Mld di vecchie lire al posto dei 100 miliardi calcolati e stimabili), da qui tante polemiche ma nessuna correzione di rotta significativa, anzi nel 2001 iniziò il processo di privatizzazione vero e proprio, di collocamento sul mercato delle quote eccedenti il 50, 1%.

Cosa significava? che la proprietà restava nominalmente in mano al comune, ma di fatto c'era una modalità di comportamenti politici, che vedeva concordi centrodestra e centrosinistra, che condividevano la stessa politica economica ; il processo di fusione con APS di Padova, nel 2003, è stato un passaggio “ obbligato”, e conseguente, si creava una holding, proprietaria per il 68% della nuova società – il privato- cioè vari azionisti detenevano il 32%, ma in cui Trieste deteneva il 50, 1% (ancora) delle quote e Padova il 49, 9% .

Ma cosa ci è costato allora mantenere la maggioranza? Quale prezzo, diretto o indiretto il Comune ha dovuto pagare per mantenere, apparentemente, il controllo pubblico?
Nel 2005, col voto favorevole del centrodestra, si arrivò alla vendita del 50% delle azioni della holding ed è questo il passaggio che preludeva ed accompagnava la fusione, cioè l' assimilazione ad Hera.
Nel 2011 il sindaco Dipiazza se ne andò, ma le politiche neoliberiste non mutarono di segno su questo terreno.
L' anno seguente infatti, con i soli voti contrari della FdS e del M5S (ed alcuni del centrodestra) il Centrosinistra approvò la delibera che dava il via libera alla fusione con Hera, società di Bologna, già quotata in borsa dove la presenza pubblica deteneva allora circa il 61 % delle azioni, il resto era privatizzato, ma, se escludiamo il flottante, appariva significativa la presenza di investitori istituzionali, tra cui società assicurative come la SIM, banche, società di gestione del risparmio, istituti di credito, addirittura la Lazard Asset Management Pacific Company, una filiale di Lazard Freres & Co, una delle prime banche di investimento globali (vedi il sito www. gruppohera. it).

Ma mentre a Bologna e nei comuni limitrofi molti consiglieri comunali del PD si opponevano e si verificarono strappi significativi con SEL, PRC e IDV, che chiedevano di rispettare il voto referendario del 2011, a Trieste niente di tutto questo puo' dirsi sia accaduto. Come mai?

Motivi di ripensamento e di opposizione non sarebbero mancati.
Del resto la stessa Acegas allora aveva una quota rilevante privatizzata ed erano consistenti le partecipazioni dei cosiddetti “investitori istituzionali” : Banca Intesa San Paolo, la Fondazione Bancaria CRT di Trieste, ecc. .
Una realtà in cui da tempo l' utilità sociale dei servizi, le modalità della loro erogazione, contavano pochissimo, ma prevalevano già le logiche finanziarie e speculative, si faceva cassa con il patrimonio pubblico e si passava all' incasso con il rigonfiamento delle bollette e tagliando il costo del lavoro.
Oltretutto in un quadro del genere il peso politico del Comune era pressochè nullo, le scelte del consiglio d' amministrazione erano totalmente disgiunte dalle esigenze e necessità dei cittadini.

L' atto finale si registra quindi nell' aprile di quest' anno, e fa seguito a quanto avvenuto nel dicembre 2014, quando il Patto di Sindacato venne procrastinato, quasi all' unanimità di soli sei mesi.
Adesso veniva modificata la parte di Statuto che prevedeva la garanzia del mantenimento del 51% delle azioni, chiaro segnale di accelerazione delle privatizzazioni, di erosione della presenza pubblica di scadimento e sparizione del servizio pubblico.

Angelo d' Adamo (Federconsumatori)
riporta un dato che anche molte statistiche e rilevamenti d' opinione confermano: oggi il cittadino ha molti problemi soprattutto in quanto utente (o cliente) e/o consumatore, per il venir meno di quel concetto che una volta era l' “universalità “ del servizio.

La compresenza sul mercato di molti gestori privati, la deregolamentazione di importanti segmenti di servizio pubblico, i problemi maggiori che oggi la Federconsumatori registra dalla sua postazione, ascoltando ed intervenendo nel merito dei quesiti, attengono innanzitutto il settore sanitario, la salute, le case di riposo, e poi i comparti della PA, e moltissimi l' utenza telefonica privata.
Anche qui però, il giudizio non deve essere univoco, la privatizzazione della telefonia che ha fatto seguito al processo di liberalizzazione ha consentito, -secondo D' Adamo- nell' ottica della concorrenzialità delle offerte, tariffe piu' basse, con costi contrattabili, pur nell' individualizzazione dilatata dell' offerta, mentre sul versante energetico (gas, acqua, elettricità) i problemi, sì, sono stati ben piu' rilevanti.

I cittadini lamentano disagi, bollette incomprensibili, sospensioni nella fornitura del servizio, non c'è chiarezza nell' eventuale rivalsa che come Associazione avanziamo verso le stesse aziende, mentre potrebbe servire un intervento del legislatore in tal senso.
Molte persone sono stressate, non capiscono cosa stia succedendo, parlano di caos e marasma, come sinonimi di disordine e confusione sociale, di impazzimento di consuetudini non piu' garantite e certo qui non c'è stato alcun risparmio per l' utenza.

I costi sono aumentati.

Ma il dilemma non è l' alternativa tra pubblico e privato, la gestione puo' essere pessima in tutte e due le versioni, serve una condizione che obblighi pero' il privato al rispetto del cittadino e dunque un contratto di servizio con clausole precise e che contempli l' attenzione e la presenza dell' Ente Pubblico, E non da ultimo la qualità e l' universalità del servizio.

D' Adamo ricorda come il FVG sia stata tra le prime regioni in Italia a privatizzare il Trasporto pubblico locale (TPL), e che inizialmente questa operazione aveva consentito di adeguare le reti di servizio a situazioni di modernità e di recupero di efficienza, e tenendo in ordine e sotto controllo i costi d' esercizio, e però, oggi, tutto sembra avere cambiato di segno. Ci sono stati tagli e scadimento della qualità del servizio.

Sul voto in consiglio comunale egli spiega di aver votato la delibera a favore dell' abbassamento della quota per tre motivi: il primo per coerenza, essendo subentrato ad un altro consigliere PD ed avendo raccolto l' eredità di un precedente indirizzo politico sull' argomento, era impossibile modificare tutto in corso d' opera, piu' logico garantirne la continuità, il secondo si giustificava con l' assenza di un disegno o percorso politico alternativo, essendo ormai divenuto anacronistico il vecchio modello pubblico, il terzo motivo era ed è che oggi il comune ha i conti a posto, che pur essendoci problemi di risorse, l' Acegas in Hera vale molto di piu', in un prossimo futuro si potrà riacquisire il servizio gas, e quindi è impossibile tirarsi fuori da queste dinamiche.

Oscar Garcia Murga ha esposto la posizione di LegAmbiente sulla vicenda ed ha allegato un intervento scritto (vedi)

La Vicesindaco di Napoli Elena Coccia ha inviato un saluto ed un videointervento per la nostra iniziativa:




Nel corso del dibattito sono intervenuti Jacopo Venier (“Illy, contro cui abbiamo combattuto una dura battaglia per impedire la privatizzazione dell' Acegas è stato un anticipatore del renzismo, ma questa battaglia va ripresa”) Lino Santoro, (“perdiamo il 40% dell' acqua, perchè abbiamo perso le competenze tecniche, è stato declassato il lavoro tecnico, ha prevalso la logica clientelare anche col privato, poi si è dato tutto in appalto e si sono lasciati soli gli utenti, l' ATO cosi' com'è è inutile, serve una CONSULTA DEGLI UTENTI”), una cittadina s'è lamentata del servizio di erogazione del' energia elettrica ed ha esposto il suo caso, di contatori chiusi d' imperio dall' amministratore del condominio, poi sostituiti, ma imponendo una valutazione di consumo presumibile che ha fatto lievitare il costo annuo da 113 a 205 euro, con bollette che arrivano ogni 4 mesi!

Marco Bersani che ha tirato le fila degli interventi per una prima sintesi di riflessione ha iniziato quindi il suo intervento ricordando come Federconsumatori fosse stata tra i soggetti politici promotori del referendum sul' acqua e quindi per coerenza, il minimo che ci si dovrebbe aspettare da una organizzazione che tutela i diritti del cittadino consumatore sarebbe stato una logica continuazione dell' impegno politico nella direzione che i referendum di quattro anni fa avevano indicato.

E dunque i motivi per cui oggi va difesa la Posta pubblica , la Sanità pubblica, la Scuola pubblica e soprattutto far funzionare bene tutto il settore pubblico sono evidenti, chiari e non mancano. Le privatizzazioni non sono state la soluzione, ma un problema in piu' per il paese!
E' ora di farla finita, quindi col mantra delle privatizzazioni! Sono trent' anni che subiamo politiche di privatizzazioni e vogliamo pure insistere?

MA DOVE SI FANNO I PROFITTI CON L' ACQUA ??! (e soprattutto come. .) ?
Nelle quattro modalità consolidate e praticate dalla logica del neoliberismo aziendale che possono essere così riassunte:
  1. Diminuendo il costo del lavoro, con subappalti, esternalizzazioni, riduzione dei diritti sociali e contrattuali dei lavoratori;
  2. attraverso la riduzione degli investimenti, come nel caso specifico ha fatto HERA nell' ultimo periodo e che poi si indebita per pagare gli utili agli azionisti; oltretutto le SpA non hanno piu' facoltà di controllo pubblico se sono quotate in borsa.
  3. Riduzione (e peggioramento) della qualità del servizio
  4. Aumento delle tariffe
Certo qualcosa è cambiato, non tutto il quadro è così negativo come sembra, la via d' uscita c'è, lo dimostrano le 140 ripubblicizzazioni di sistemi idrici nel mondo, di cui 90 in Europa, in Francia ad esempio, oltre 30 città hanno ripubblicizzato l' acqua, e da noi non c'è solo Napoli, che però ha avuto il merito di fare da apripista a questa esperienza.

Però è necessario che siano gli EELL ad assumere l' iniziativa, quanto meno sul versante istituzionale, non basta la riduzione del danno, certo fa strano che qui a Trieste il movimento per l' acqua pubblica sia scomparso e che un rappresentante della Federconsumatori abbia scordato l' internità di questa organizzazione a quel movimento ; ma è evidente che in questa fase di crisi sistemica, non solo economica ma di civiltà, il disorientamento sia tanto e l' alternativa che serve vada ricostruita partendo da queste contraddizioni. E superandole.

La favola liberista che catturò l' immaginario collettivo negli anni 80 è giunta ormai al capolinea.
Siamo passati dalla saturazione produttiva alla rivoluzione neoinformatica, poi con la finanziarizzazione che consentiva il realizzo di capitale saltando la fase della produzione e dell' accumulazione dei profitti, abbiamo incappato il tunnel della crisi che perdura ed è proprio in questo quadro segnato dal disastro che il finanzcapitalismo ha creato che vanno ricercato le ragioni per una fuoruscita.

Il primo presupposto è quello di saper sottrarre i beni comuni dagli attacchi e dal saccheggio che il neoliberismo persegue, affermando che ad esempio terreni come quelli della sanità, dell' istruzione dell' acqua non siano beni economici su cui far valere le logiche di mercato.

Quindi campagne ed iniziative di massa da costruire sono un primo inizio in tal senso.
In secondo luogo bisogna avviare una campagna per riaffermare il ruolo dei comuni e piu' in generale delle articolazioni democratiche dello stato sui territori, quindi contrastare il disegno di Renzi che questo tessuto vuole distruggere ed impoverire, per stabilire, come nella scuola, una catena di comando senza piu' corpi intermedi a difesa dei diritti dei cittadini, dobbiamo impedire la svendita del gioielli di famiglia, o di quel che ne resta, e sviluppare una battaglia anche per rompere quel patto di stabilità interno che oggi lega le mani ai Comuni stessi che non possono piu' disporre di risorse per fornire servizi ai cittadini che amministrano, poiché è logico che seppure in presenza di questo stato di coercizione, per definizione il sindaco non puo' svendere i beni comuni ed il servizio pubblico come qui è stato fatto, il compito del sindaco è tutelare questi beni, non piazzarli sul mercato per fare cassa e consentire l' arricchimento altrui.

A Roma l' ACEA fa leggere i contatori una volta all' anno ma è evidente che cio' deriva per contenere il costo del lavoro. Se noi reiteriamo questo, ed altri piccoli episodi che afferiscono le modalità attuali di erogazione del servizio, notiamo che c'è stato nell' ultimo decennio un trasferimento complessivo di risorse dalle esigenze dei cittadini al loro reimpiego sul versante delle grandi opere e dei grandi eventi : Chi ci guadagna è evidente.

La fusione di HERA con ACEGAS è evidente che serva a tale scopo, e che, visto il rapporto di forza tra le due realtà sarà HERA che scriverà il pano industriale di Acegas e le delibere per il Comune. Che fare? innanzitutto organizzarsi, ANDARE IN COMUNE e CHIEDERE DI VEDERE I CONTI, cioè vedere il bilancio di Hera, e magari scoprire che è indebitata.
Allora si tratterà di saper fare marcia indietro.

Se si vuole reinternalizzare il servizio, si dovrà chiudere il contratto e che alla sua rescissione si dovranno anticipare le somme degli eventuali investimenti realizzati, ma tale somma, anche se fosse elevata, sarebbe recuperabile col costo delle bollette che in cinque anni sarebbero incassate, nel frattempo va ripensato, in una ottica piu' globale, il CICLO DELL' ENERGIA.

Inserendo in un piattaforma rivendicativa di ripubblicizzazione , ad esempio, il ciclo dei rifiuti e quello delle energie alternative, delle fonti rinnovabili, il solare diffuso.

Si tratta di battere il piano del governo che vuol realizzare, attraverso la concentrazione di quattro megautility, il controllo energetico del Nord : la A2A (Milano) la IREN (Piemonte, Liguria), la HERA(Bologna, Pd, Modena, Pesaro) ed infine l' ACEA (Toscana, Umbria, Lazio) diverrebbero i pilastri di una grande proiezione speculativa e finanziaria che incanalerebbe i profitti delle ex municipalizzate verso quell' orizzonte di flusso del capitale destinato a rimodellare gli assetti economici e sociali del paese e che si salderebbe, in uno scenario prossimo, futuro ma non tanto lontano, con le politiche previste dal TTIP se venisse adottato in sede comunitaria, europea e nazionale.

Certo in questo quadro manca il sud, poiché l' Acquedotto Pugliese non è stato (ancora) privatizzato ma questo è un motivo in più per far partire una campagna diffusa sui territori per smascherare e contrastare questo disegno.

Nessuno può pensare di vincere questa battaglia da solo, tanto più se dovesse perdurare questa solitudine competitiva, che oggi mette non solo i comuni l' uno contro l' altro, quando non li accorpa o li sopprime, o come avverrebbe nel DDL di Renzi sulla scuola, un istituto contro l'altro, e poi ancora i cittadini, isolati nella sfera del consumo o dell' assistenzialismo a basso costo, gli operai sul posto di lavoro o disoccupati, gli uni contro gli altri, né servono le relazioni privatistiche che si sono create in questi tempi e che attraverso contratti individuali e patti di sindacato hanno demolito la trasparenza dell' amministrazione pubblica e colpito l' universalità dei servizi.

Noi dobbiamo saper ricostruire partecipazione motivata e solidale su questo terreno per battere la passività e la rassegnazione sociale, gli spazi ci sono, usiamoli.



Su quest' ultima riflessione, che è un invito a dare seguito all' iniziativa contro le privatizzazioni, l' assemblea si chiude. Il lavoro politico continua.

(Marino Calcinari)

23 maggio 2015

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