mercoledì 2 marzo 2016

Tsipras: Intervista al "Corriere della Sera"


«Greci volto umano della Ue -  Ora solidarietà o sarà la fine»

È la più grave crisi migratoria in Occidente dalla Seconda guerra
mondiale. Oggi la Commissione europea presenta un piano d’emergenza per
le operazioni di soccorso con una proposta di finanziamenti per 700
milioni di euro da destinare ai Paesi più esposti su un arco di tre
anni. La prima linea è la Grecia di Alexis Tsipras.
Primo ministro Tsipras, dopo l’inasprimento dei controlli e la chiusura
dei confini lungo la rotta balcanica ha dichiarato che il suo Paese non
può diventare un «deposito d’anime». In Grecia l’Europa si gioca l’anima?
«In una crisi di dimensioni umanitarie la Grecia e il popolo greco
rivelano il volto umano dell’Europa. E lo fanno di fronte a un’Unione
che chiude le frontiere, dove crescono la xenofobia e la retorica
intollerante dell’estrema destra. La Grecia è il territorio nel quale
l’Europa confermerà i suoi principi e valori fondanti, come l’umanesimo
e la solidarietà, o li tradirà. Sono convinto che non possa esistere
un’Europa unita senza il rispetto assoluto per le lotte e i valori
comuni, ma anche per le responsabilità e gli impegni condivisi. Dobbiamo
affrontare insieme le difficoltà. Tutti insieme riusciremo, o tutti
insieme falliremo».

Vienna rimprovera ad Atene «mancanza di volontà politica per ridurre il
flusso». Il suo governo chiede che l’onere dell’accoglienza sia
equamente ripartito tra le capitali, in un contesto dove si procede in
ordine sparso e Paesi come la Grecia, già stremata dalla crisi
economica, restano penalizzati dal sistema di Dublino che assegna allo
Stato di primo ingresso il compito di curare le domande d’asilo. Cosa
impedisce il decollo di una strategia coordinata?
«Noi non pretendiamo nulla più della solidarietà, che è un principio
fondamentale dell’Unione Europea. Esigiamo che sia condivisa dagli Stati
la gestione di una crisi che è superiore alle nostre forze. Dobbiamo
passare a un impegno vincolante di tutti e per tutti, orientato alla
ripartizione obbligatoria della responsabilità dei flussi, in
proporzione — sottolineo — alle rispettive capacità. Perché l’Unione non
può essere costruita su una logica che prevede regole per alcuni e solo
benefici per altri, una logica profondamente anti-europea, in netto
contrasto con il principio dell’integrazione. È impensabile che Paesi
che non hanno accettato di accogliere nemmeno un profugo puntino il dito
contro di noi. Riguardo alle accuse di non fare quanto dobbiamo sulle
frontiere marittime, le considero un pretesto per giustificare azioni
unilaterali che violano decisioni europee assunte collegialmente. Su
Dublino, penso che sia ormai chiaro e accettato da tutti gli Stati che
la sua riforma è necessaria. Inoltre è stupefacente dover ricordare così
di frequente l’obbligo di rispettare il diritto internazionale ed
europeo. Quando ci sono persone che rischiano la vita in acque greche,
vale a dire europee, la Guardia costiera è obbligata al soccorso».

In concreto, come evitare le morti nell’Egeo?
«Dobbiamo individuare e reprimere il circuito dei trafficanti che agisce
sulla costa turca. In questo ambito rafforziamo la collaborazione con
Ankara. Sosteniamo con fermezza il piano d’azione Ue-Turchia e abbiamo
concordato il supporto delle forze Nato per gestire la situazione.
Speriamo che queste misure nonché il cessate il fuoco in Siria
contribuiscano alla riduzione degli sbarchi».

In Europa i confini tornano linee di frattura in un generale
rimescolamento di alleanze, dall’asse Berlino-Atene al blocco
centro-orientale all’intesa Austria-Balcani. Italia e Grecia affrontano
crisi incrociate. È immaginabile un compattamento del fronte
mediterraneo sul doppio fronte dell’immigrazione e della flessibilità
economica?
«Le alleanze non devono servire ad approfondire le contrapposizioni. Ora
vedo la possibilità di una stretta vicinanza politica tra Grecia e
Italia, perché condividiamo rivendicazioni e inquietudini. Abbiamo una
visione comune. Credo che sul tema dell’equa ripartizione dei migranti
ci sarà una buona collaborazione. Non intendo però sovrapporre le crisi
facendo leva sull’emergenza migranti per ottenere flessibilità, non è il
mio obiettivo».

Vede la necessità di un diverso approccio delle forze della sinistra
europea?
«Chi deve cambiare approccio è l’Europa. Il linguaggio dell’odio trova
terreno fertile perché negli ultimi anni hanno prevalso politiche di
austerità che hanno generato povertà ed emarginazione. Ma per cambiare
questo, occorre modificare gli equilibri politici. Quello che viviamo
oggi è un conflitto di idee, tra progressisti e conservatori, tra la
Sinistra e la Destra. A mio avviso, la Sinistra è in prima linea nella
difesa dei valori europei di democrazia, giustizia e coesione sociale e
costituisce l’unica valida alternativa alla destra estrema e populista.
Ma è necessario che tutte le forze progressiste, indipendentemente dalla
famiglia politica alla quale appartengono, comincino un vero dialogo per
riportare l’Unione a questi principi. Credo che noi, i progressisti
europei, possiamo ritrovare un’andatura comune verso un obiettivo
comune: erigere un muro contro chi alza muri e divide l’Europa».

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