martedì 9 dicembre 2014

1973: in Val Rosandra, vittime fra i migranti in cerca di lavoro

 un trafiletto apparso sul Meridiano di fine ottobre 1973 :

Tre negri del Mali muoiono in una mattina di freddo e bora in Val Rosandra. 
Viene alla luce lo scandalo del lavoro clandestino: Trieste come punto di transito di braccia, di turchi e negri per la Francia e la Germania.
"Il Meridiano " allarga il discorso e dimostra che il lavoro nero fa parte del nostro costume : cinquemila jugoslavi ogni giorno , lavorano, o rischiano senza protezione , senza contratti, senza speranza, nelle aziende e nei cantieri triestini."

Chi direbbe che queste parole siano state scritte quarant'anni fa?



Questa è la la traduzione di tre ampi articoli apparso sul Primorski Dnevnik 35 anni dopo:


Primorski dnevnik, 21.10.2008

DOLINA – Un anniversario doloroso

Insieme per la speranza

In occasione del 35. anniversario di quattro giovani lavoratori africani – Commemorazione giovedì pomeriggio a Dolina

Il Comune di San Dorligo della Valle - Dolina, in collaborazione con la Provincia di Trieste, il Comitato regionale per la pace e i diritti umani, il Tavolo della pace e il circolo culturale SKD Slovenec di S. Antonio – Boršt, organizza il giorno giovedì 23 ottobre alle ore 15.00 una commemorazione per l'anniversario della morte di quattro giovani immigrati africani. La celebrazione avrà luogo nella sala consigliare del municipio di Dolina e ad essa prenderanno parte il sindaco Fulvia Premolin, il sacerdote Luigi Di Piazza, Abdou Faye, Alessandro Capuzzo e Mah Fofana. Alle ore 17. si terrà una celebrazione funebre nel cimitero di S. Antonio – Boršt, dove i quattro giovani sono sepolti, alle ore 20. nel teatro comunale France Prešeren di Bagnoli ci sarà un programma culturale. Gli organizzatori ci hanno trasmesso una nota, che pubblichiamo:

Sono passati già 35 anni da quella notte tra il 12 e il 13 novembre 1973, quando, come scrisse allora il quotidiano Primorski dnevnik, “il bussare e le grida soffocate svegliarono alle quattro di mattina i coniugi Mari nella loro casa attigua all’ex percorso ferroviario sopra S. Antonio - Boršt”, non lontano dall'odierno percorso ciclo-pedonale che collega Trieste a Kozina. Alla visione di sagome di persone sconosciute, che parlavano una lingua incomprensibile, i coniugi non ebbero il coraggio di uscire, anche perchè la casa era isolata, proprio alla fine del paese.
Poco dopo il sig. Bruno Hrvat, che veniva con la sua macchina dal vicino abitato, venne fermato da un uomo di colore. Quest'ultimo voleva entrare con veemenza nell'automobile, ripetendo disperatamente che erano morti, morti. Il sig. Hrvat rimase impressionato e si rivolse subito ai Carabinieri di Dolina che, raggiunto la curva della strada che da S.Antonio-Boršt porta a S.Lorenzo-Jezero, si ritrovarono di fronte a una scena raccapricciante: »tre giovani Africani giacevano morti sul sedime stradale e nel prato davanti alla casa, il quarto gemeva, mentre il compagno, che aveva chiesto aiuto, era ancora cosciente, ma esausto«.
I corpi dei tre giovani sono stati successivamente identificati: si trattava dell'agricoltore 22-enne Seydou Dembele, del 19-enne Mamdor Niakhate e del commerciante 27-enne Diambou Lassana, tutti e tre dalla Repubblica di Mali, mentre gli altri due ragazzi sono stati immediatamente trasportati all'ospedale locale. Quasi un mese più tardi è stato scoperto nelle vicinanze anche il corpo del 25-enne Djibj Somaili, proveniente dalla Mauritania.
La notizia della morte misteriosa di quattro giovani africani ha fatto immediatamente il giro del paese di S.Antonio- Boršt e dei dintorni, dove sono andate diffondendosi notizie e spiegazioni più o meno verosimili dell'accaduto: nuovi progetti di attentato all'oleodotto, rese dei conti tra bande rivali, traffici di stupefacenti ... Alla fine la verità si è rivelata molto più semplice in tutta la sua crudeltà: sono morti di fame e di freddo, mentre in prossimità della Val Rosandra cercavano di passare il confine tra l'ex-Jugoslavia e l'Italia. I giovani erano affamati e affaticati fino allo stremo. Il freddo autunnale, che quella notte scese fino a 5-6 gradi centigradi, non li risparmiò. Dopo l'autopsia il medico legale aggiunse mestamente che »non aveva mai visto corpi così vigorosi, con polmoni e fegato così sani, ma con uno stomaco ed un intestino così vuoti«.
Gli inquirenti hanno successivamente constatato che i giovani erano diretti in Francia, dove dovevano intraprendere un lavoro in nero. Speravano di trovare, se non condizioni di vita più dignitose, almeno cibo sufficiente per sopravvivere. Hanno lasciato le loro case arrivando in aereo a Split (Spalato), proseguendo in autobus fino a Rijeka (Fiume), da dove avrebbero dovuto prendere una nave per Venezia e raggiungere la Francia via Milano.
Non è però andata come previsto: probabilmente non hanno ottenuto i visti per l'Italia ed hanno così deciso di optare per un'altra via. Raggiunto il paese di Kozina vicino al confine con l'Italia, hanno seguito il percorso della vecchia ferrovia, avviandosi a piedi verso il paese di S.Antonio –Boršt, dove doveva attenderli un altro intermediario africano. Questo aveva il compito di guidare i gruppi di lavoratori africani dalle zone di confine fino a Trieste e di preparare, successivamente, la loro partenza verso i Paesi di destinazione.
Questa persona, assieme ad un amico con il quale viveva a Trieste presso l'Hotel Roma, è stata catturata dai Carabinieri ed interrogata, ma i veri responsabili non sono mai stati scoperti. Si è sospettato di una rete di trafficanti dalla Liguria, ma le indagini si sono alla fine arenate su un binario morto. È stato comunque confermato il sospetto iniziale che già allora passava per Trieste un traffico illegale di lavoratori di colore, tramite cui un'organizzazione criminale faceva venire in Europa occidentale, dall'Africa Centrale e dal Golfo di Guinea, giovani che aspiravano solo ad un pezzo di pane e ad una vita degna di questo nome.
La notizia della tragica morte degli immigrati clandestini ha colpito l'opinione pubblica, specialmente nell'area del »Breg« e nel paese di S.Antonio-Boršt, dove la popolazione locale ha deciso di ospitare i resti delle povere vittime nel cimitero del paese. Per questo l’Amministrazione Comunale di S.Dorligo – Dolina ha accolto con favore l’ordinanza del Tribunale di provvedere alle spese del funerale.
Quel giorno, il 21 ottobre 1973, la sincera commozione e compartecipazione degli abitanti della zona all’evento ha profondamente commosso il fratello della vittima più giovane, il 27-enne Bouyagui Niakhate, che, per salutare per l'ultima volta l'amato fratello, è arrivato dalla Francia, dove lavorava da diversi anni e dove lo avrebbe dovuto raggiungere il fratello minore. Il triste corteo dei giovani del paese con le bare sulle spalle e delle ragazze, che li accompagnavano con mazzi di fiori, salì in silenzio verso il cimitero del paese con una corona del Comune davanti ad ogni bara.
Le parole espresse dall'allora Sindaco, il Sig. Dušan Lovriha, risultano ancor'oggi tragicamente attuali: »Non sono stati uccisi né dalla bora né dal freddo della notte di questo nostro territorio, ma dall'avidità degli sfuttatori del lavoro, dai resti del colonialismo della seconda metà del 20° secolo. L'arretratezza, la mancanza di sviluppo, la fame che attanagliano due terzi della popolazione mondiale, hanno acceso in questi poveri giovani la speranza di poter trovare in un'Europa industrialmente sviluppata la soluzione alla loro sofferenza millenaria. Questo corteo funebre sia allora di monito alla coscienza umana, affinché si renda conto che questa gente non è straniera, anche se proviene da lontano e ha un colore della pelle diverso dal nostro...«.
Tragedie simili, purtroppo, ci accompagnano oggi ogni mattina, mentre sfogliamo il giornale, magari bevendo una tazza di caffé caldo. Presto forse non le considereremo nemmeno notizie degne di nota e non ci scandalizzeremo più leggendo delle calunnie, dello sfruttamento o addirittura della morte dei vari odierni »Seydou Dembele, Mamdor Niakhate, Diambou Lassana o di Djibj Somaili«, che, proprio come questi ultimi 35 anni fa, lasciano oggi le loro case per assicurare a sé stessi ed alle proprie famiglie condizioni di vita più dignitose!
Pensiamo solo a come, al funerale del 1973, il canto del coro locale, le preghiere musulmane espresse da Bouyagui con le lacrime agli occhi, il caloroso abbraccio della folla, che con una stretta di mano cercava di esprimere quel cordoglio che non sapeva esternare con le parole, ed infine la somma di danaro raccolta tra i presenti per dare sostegno ai famigliari delle vittime, rappresentassero una prova tangibile di come l'uomo, davanti alle difficoltà o in occasione di una dolorosa perdita, sia capace di gesti sorprendenti!
Questo non deve cadere nell'oblio. Gli uomini non devono scordarsi di essere innanzitutto confratelli, non devono dimenticare che la nascita nella parte più o meno povera del globo è solo un caso e che la vita può riservare a tutti sia momenti felici che amari. Questo riguarda chiunque.
In questi istanti dobbiamo ricordarci di essere prima di tutto persone e come tali capaci di gesti generosi e nobili, soprattutto se ci riconosciamo reciprocamente e se uniamo le forze, quando sono in gioco i diritti umani fondamentali ... sia che questo avvenga nella ristretta cerchia familiare che nell'ambito del villaggio, del territorio locale, di una regione, di uno Stato, di un continente oppure del mondo intero.

Primorski dnevnik, 23.10.2008

COMMEMORAZIONE – In occasione del 35. anniversario della loro tragica morte

S.Antonio–Boršt: ricordo dei giovani Africani

Prima la manifestazione nella sala del consiglio comunale, poi la commemorazione nel cimitero di S.Antonio–Boršt e la serata nel teatro comunale di Bagnoli

Didascalia foto: “Il funerale dei giovani Africani a S. Antonio–Boršt. In primo piano Bouyangui Niakhate, fratello della vittima più giovane”

Lo scorso martedì, il 21 ottobre, sono passati 35 anni da quando una grande folla di paesani di S. Antonio–Boršt e di altri cittadini del comune di San Dorligo-Dolina, si sono accomiatati con commozione dai tre giovani africani il cui filo vitale è stato spezzato otto giorni prima nella fredda e buia notte ai margini del paesino del “Breg”. Tutti provenivano dal lontano e caldo Mali. Il più giovane aveva 19 anni, il più anziano 27. La loro destinazione era il ricco occidente europeo, erano in un certo senso i predecessori-vittime del commercio inumano di merce umana, che nei decenni successivi è emerso in modo sempre più drammatico attraverso la terraferma e il mare verso il vecchio continente. Meno di un mese dopo la tragedia e dopo il funerale dei tre, è stato rinvenuto vicino al luogo della morte il quarto Africano. Aveva 25 anni e proveniva dalla Mauritania.
A S. Antonio–Boršt e nelle sue vicinanze le persone si ricordano ancora del funerale dei giovani Africani. Al cimitero paesano sono stati accompagnati da quasi tutto il paese. C’erano molti giovani, coetanei bianchi dei giovani sfortunati. L’allora sindaco Dušan Lovriha si è accomiatato con commozione dai tre, ma in particolare è stato commovente l’addio del fratello della vittima più giovane. Proveniva dalla Francia, dove era diretto anche il diciannovenne Mamdor, che con una preghiera musulmana ha espresso il desiderio che al fratello e agli altri sia lieve la terra del “Breg”.
Gli abitanti di S. Antonio–Boršt da allora curano la tomba dei giovani Africani. L’amministrazione comunale locale li ricorda ad ogni anniversario importante. Così sarà anche oggi.
Nella sala del consiglio comunale alle ore 15.00 si terrà una commemorazione in occasione del 35. anniversario della morte dei giovani immigrati africani. L’amministrazione comunale organizza l’evento in collaborazione con la Provincia di Trieste, il Comitato regionale enti locali per al pace, il Tavolo per la pace e il circolo culturale SKD Slavec di S. Antonio–Boršt. Alla commemorazione parleranno il sindaco Fulvia Premolin, il sacerdote Luigi Di Piazza, Abdou Faye, Alessandro Capuzzo e Mah Fofana. Due ore dopo, alle ore 17.00 nel cimitero di S. Antonio–Boršt presso le tombe dei quattro giovani Africani, avrà luogo un rito funebre. In serata alle ore 20.00 nel teatro comunale “France Prešeren” di Bagnoli avrà luogo un programma culturale.

Primorski dnevnik, 24.10.2008

S. ANTONIO – In occasione del 35. anniversario di quattro immigrati africani

La morte non ha colore, ma è uguale per tutti

Il fatto tragico del passato sia di monito a tutti coloro che seminano l’intolleranza

Didascalia foto: “Le tombe dei quattro Africani sono state sistemate nella parte assolata del cimitero paesano”

Trentacinque anni fa vi erano meno immigrati illegali di colore nel nostro territorio rispetto ad oggi. Forse anche per questo, il fatto accaduto a S. Antonio–Boršt a metà ottobre del 1973 ha profondamente scosso la comunità paesana locale. Quattro giovani africani, dell’età tra i diciannove e i ventisette anni hanno lasciato i posti in cui sono nati, con la speranza di trovare in Europa una occupazione. Nel bosco, nei pressi di S. Antonio li aspettava la morte, che in quella notte di ottobre rispondeva al nome di “freddo”. La morte non ha colore, ma è uguale per ogni persona, ha fatto presente ieri una ragazza di colore nel cimitero di S. Antonio–Boršt, dove una tomba curata, ricorda le vittime africane. La tomba è collocata sulla parte assolata del cimitero, nella zona più esposta ai raggi del sole: questi riscaldano simbolicamente da trentacinque anni Djibj, Diambou, Mamdor e Seydou.
Il Comune di San Dorligo – Dolina, si è inchinato ieri alla loro memoria con una tavola rotonda, a cui hanno partecipato coloro che si occupano quotidianamente degli immigrati e delle loro spesso difficili storie di vita: Luigi Di Piazza, Abdou Faye, Alessandro Capuzzo e Mah Fofana. In serata è stata organizzata nel teatro comunale di Bagnoli-Boljunec una manifestazione culturale, in pomeriggio, come detto, si è tenuta una breve commemorazione nel cimitero di S. Antonio–Boršt, dove le tombe sono state benedette dal parroco del paese. Il sindaco Fulvia Premolin ha ricordato ai paesani che possono andar fieri del fatto di aver risposto a quel fatto tragico con i valori della tolleranza, della comprensione e dell’accettazione del diverso. Gli stessi valori guidano il Comune di San Dorligo della Valle anche oggi, ma lo stesso non si può dire di parecchi politici: anche per questo motivo il ricordo al fatto tragico di S. Antonio–Boršt, quest’anno è stato celebrato più solennemente. Il ricordo sia monito a tutti coloro che seminano l’intolleranza. (pd)


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