domenica 15 marzo 2015

PRESENTAZIONE del LIBRO di YANIS VAROUFAKIS


ASSEMBLEA - DIBATTITO

Tutte le foto sono disponibili QUI

Gli appunti di Pier Giorgio Ardeni, sui quali ha basato il suo intervento, sono in calce.

Click sulle foto per ingrandirle


Una assemblea partecipata ed attenta, quella di venerdi 13 marzo 2015 al Caffè San Marco,



che ha seguito con attenzione, pazienza e voglia di capire quanto, nella sua interpretazione e valutazione delle analisi sui contenuti del libro di Varoufakis,



 il professor Pier Giorgio Ardeni, titolare della cattedra di Economia dello Sviluppo all'Ateneo bolognese, ha esaurientemente spiegato. Evidenziando altresì come la lettura di un libro possa essere importante per rinominare con i giusti termini, ed interpretare con altrettante corrette analisi, i fenomeni sociali che la crisi sta generando, dagli USA al'Europa, in un quadro geopolitico dove pero'il primato del comando capitalista non sembra essere messo in discussione.



E' vero che il neoliberismo ha provocato la crisi, e che essa discenda da una sregolatezza dell'attività finanziaria, innanzitutto, è cosa evidente ma all'origine è avvenuto che alla fine degli anni '70 il capitalismo USA ha iniziato a mutare volto, superando il keynesianesimo e le politiche di spesa pubblica per approdare ad altri lidi:riduzione delle imposte per le classi medioalte, abolizione di vincoli per Wall Street, riarmo e politica da grande potenza, attacco ai diritti dei lavoratori.

Spiega il prof. Ardeni, presentato insieme agli altri relatori da Pierluigi Sabatti, perchè Varoufakis usi la metafora del Minotauro. Quel mostro doveva essere nutrito, secondo il mito greco, da carne umana MA straniera, ed è ciò che ciò nella realtà attuale sta avvenendo, con gli USA che agiscono così nei confronti del resto del mondo, che deve farsi carico del suo deficit commerciale.

Paradossalmente si può iniziare la lettura del libro a pag 161, con la citazione di una dichiarazione di Paul Volcker:

"Quello che tiene insieme la storia di successo dell'economia USA è un massiccio e crescente flusso di capitale dall'estero, che assomma a oltre due miliardi di dollari ogni giorno lavorativo e che continua ad aumentare...
L'aspetto piu'arduo di tutto ciò è che questo quadro apparentemente rassicurante non puo'andare avanti all'infinito - questa affermazione dell'economista USA è del 2005 - Non so di alcun Paese che sia mai riuscito a consumare e ad investire a lungo il 6% in più di quanto produce.
Gli USA stanno assorbendo circa l'80% del flusso netto di capitale internazionale."

Praticamente gli USA, dalla fine degli anni '70 diventano l'aspirapolvere dei capitali di tutto il mondo. Giungendo dopo l'89 a pianificare l'economia del resto del mondo- compresa la Cina, che oggi è di fatto una potenza capitalistica che gode di ottima salute - per soddisfare la propria domanda di capitali.

Per comprendere come si arriva alla svolta reganiana, ed alla supremazia di quello che Varufakis chiama il modello angloceltico, bisogna però ritornare alla prime pagine del libro e impadronirsi della cronistoria di quella complessa vicenda che cominciò a Bretton Woods nel 1944, e che ridisegnò, dopo la crisi del 1929, il sistema monetario internazionale, con perno sugli USA, e con il dollaro che diventava la moneta per antonomasia, in un quadro di governo economico basato sull'istituzione del FMI.

Il giudizio di Varufakis sul periodo 1944 - 1971 (il periodo del "Piano globale") non è di ideologica condanna, ma di attenta disamina dei meccanismi che avevano portato al fallimento di quel disegno, e dunque sul passaggio successivo che ne imponeva un altro, quello del " MINOTAURO GLOBALE" appunto, ma qui - secondo il prof.Ardeni un elemento di analisi manca, ed è quello del conflitto sociale che allora si scontrò con quel disegno, le lotte che in USA ed in Europa si svolsero, per impedire che la distribuzione del reddito (fino agli anni '70 negli USA a vantaggio dei lavoratori), che in un quadro di New Deal o applicazione keynesiana di politiche di spesa aveva garantito salari, stipendi e redditi dei lavoratori, venisse sovvertita, manomessa, o inficiata da politiche monetariste, di taglio della spesa e di soppressione dei diritti dei lavoratori.

Sono gli anni in cui la Tatcher aggredisce i minatori, il sindacato tradeunionista e il Labour Party, Regan licenzia 5000 controllori di volo, la Fiat organizza la marcia dei 40mila a Torino, fallisce il governo delle sinistre in Francia.

A questo punto la narrazione si fa piu'fluida ed il libro definisce le basi su cui si regge il sistema del Minotauro: Wall street, Wallmart, la (contro)percolazione, la bancarottacrazia, cioe': il potere della finanza, l'adesione di larghe masse di consumatori ai presunti valori della neoeconomicità, le ricadute non piu'positive della ricchezza dall'alto verso il basso ("trickle down"), ma nel disastro dei mutui subprime, l'ulteriore impoverimento dei lavoratori e della classe media, sino al salvataggio delle banche ed alle impossibili giustificazioni dell'economia tossica; pur sapendo che sono i titoli tossici a generare l'instabilità dei mercati.

Ed è il crollo dei mercati azionari nel 2008 ad esportare la crisi in Europa, ed è con questi lasciti che oggi dobbiamo misurarci anche in Europa, con politiche recessive e 27 milioni di disoccupati.

Ad esempio - pure in assenza dell'assessore Panariti, impossibilitata a partecipare per soppravvenuti impegni istituzionali - si è accennato alla situazione gravissima, dal punto di vista occupazionale, anche nella nostra regione ed alla possibilità di reintrodurre un RMG o una forma di sostegno a chi è in difficoltà.

Ma i sistemi convenzionali difficilmente potranno essere impiegati, restando all'interno di un quadro politico che, subalterno a questa ricetta economica, ed accettandone le compatibilità, ha dichiarato guerra al mondo del lavoro, col Job Act ed il ripristino di condizioni di lavoro servile e sottopagato, che ci riporta ben indietro nel tempo.

Qualcuno in sala, nel prendere la parola aveva suggerito il 1493... - forse, piu'fondatamente, risponde il prof. Ardeni bisogna riandare al 1880, in quel mondo globalizzato dove il conflitto sociale doveva per forza spostarsi ed internazionalizzarsi, come si spostava, poichè agiva in modo globale, nelle sue offensive, quel "mercato unico" citato da Marx, che solo la Rivoluzione bolscevica nel 1917 avrebbe saputo momentaneamente spezzare..

E l'euro? Oggi, pure dentro la crisi, l'alternativa non puo'stare tra il dollaro e l'euro, ma - è opinione di Jacopo Venier che si rivolge al prof Ardeni - si potrebbe o dovrebbe ragionare su ipotesi di aree monetarie per attenuare gli effetti di una competitività che ora viene fatta pesare quasi esclusivamente sulle condizioni di vita dei piu'deboli.

In effetti, non è che oggi il lavoratore messicano, o quello cinese si avvicini agli standard di vita del lavoratore italiano o inglese o polacco, semmai è vero che, nella corsa al ribasso sulla compressione del costo del lavoro, questi ultimi si avvicinano ai primi.

Il dibattito si è protratto sino alle 21, citiamo tra gli interventi quelli di Alexandros Delithanassis, sulla nascita del libro, dei primi contatti telefonici con Yanis Varoufakis più di cinque anni fa, "allora un perfetto, per noi, sconosciuto", poi le difficoltà per la traduzione del testo (ma brillantemente superate, ndr) narrate da Piero Budinich, che ricorda al pubblico terminologia e vocaboli "tecnici" per lui ostici ed intraducibili, eppure quello sforzo, che ha consentito di realizzare un piccolo miracolo, è stato premiato.



Una piccola casa editrice di Trieste è riuscita a far conoscere, con la pazienza di chi sa scavare come la vecchia talpa di Marx, un libro che sino a pochi mesi fa non solo ai più, ma anche agli addetti ai lavori era pressochè sconosciuto (la prima edizione è del giugno 2012).



Oggi "IL MINOTAURO GLOBALE. L'AMERICA, LE VERE ORIGINI DELLA CRISI, E IL FUTURO DELL'ECONOMIA GLOBALE" vende migliaia di copie, che la casa editrice Asterios da Trieste spedisce in tutta Italia.

Concordiamo infine con quanto ha scritto, in un articolo del 3 febbraio scorso, Nicola Borzi sul "Sole24Ore":
"Forse il testo di Varoufakis non diventerà un bestseller globale come "Il Capitale del XXI secolo" di Thomas Piketty, ma "Il Minotauro globale" dell'economista ha sicuramente piu'di un pregio: ha una solidissima base concettuale, legge gli avvenimenti in una prospettiva illuminante, sopratutto li spiega in un linguaggio comprensibile anche a chi non si occupa di economia."

L'iniziativa è stata organizzata dal gruppo di lavoro tematico sulla cultura dell'APCS, l'assemblea ed il dibattito sono stati impeccabilmente gestiti ed amministrati da Pierluigi Sabatti, il nostro ringraziamento va esteso a tutti /e coloro che vi hanno partecipato, al professore Pier Giorgio Ardeni che ha accolto il nostro invito da Bologna, e soprattutto ai collaboratori/trici del Caffè Libreria san Marco, per l'organizzazione e l'assistenza.

Marino Calcinari





Trieste, 13 marzo 2015
Appunti per l'intervento, di Pier Giorgio Ardeni

  • Il Minotauro di Varoufakis prende forma a partire dal 1971, con la decisione unilaterale degli USA di abolire la convertibilità in oro del dollaro – fine del gold standard. Il Minotauro, il mostro che va placato con sacrifici umani, consiste nei due deficit statunitensi, quello del bilancio del governo Usa e quello commerciale dell’economia americana. I due deficit che si erano andati accumulando già dalla fine degli anni '60 col venir meno di quelle che Varoufakis chiama le eccedenze commerciali americane (cioè le esportazioni) e con la crescita delle economie tedesca e giapponese e con l'aumento della spesa pubblica. A quel punto, invece di ridurre i due deficit, nel corso degli anni settanta gli Stati Uniti trovarono più conveniente trasformarli in un immenso “aspirapolvere” di capitali dal Resto del mondo – il Minotauro da placare – in cambio dell'abbandono del ruolo di principale paese esportatore, che fu così preso da Germania e Giappone.
  • Dice Miguel Mellino (Euronomade, 28 febbraio 2015): Per Varoufakis gli Stati Uniti non hanno fatto che nutrirsi per trentacinque anni – dal 1973 al 2008 – di esazioni e tributi imposti e prelevati al mondo intero sotto forma di un’appropriazione “unilaterale” delle eccedenze commerciali e monetarie globali, ovvero del convogliamento verso il proprio sistema economico-finanziario di buona parte dei flussi globali di capitali e merci. Accumulare deficit illimitati e in tal modo consolidare l'egemonia americana. L'America avrebbe assorbito le eccedenze di capitali degli altri acquistando poi le loro esportazioni.
  • Il Minotauro globale è stato il prodotto di un’unica e consapevole strategia imperiale, – cioè di dominio o di egemonia (Varoufakis usa questo termine, non gli altri due) – che, secondo Mellino, si è sviluppata in tre diversi momenti (con locuzioni secondo me errate, evidenziate con cancellatura):
1. la decisione di Nixon di porre fine alla (legge della) convertibilità del dollaro nel 1971;
2. la concessione di prestiti (massicci) a basso tasso di interesse a vari paesi dell’Est dell’Europa e del Terzo Mondo durante e subito dopo la crisi petrolifera del 1973;
3. la decisione di Paul Volcker (presidente della Federal Riserve con Carter e Reagan) di aumentare (in modo smisurato) i tassi di interesse dei Fed Funds fino a portarli nel 1981 al 19% annuale;
4. lo sviluppo del Washington Consensus e di tutte le sue misure improntate a una deregolamentazione globale dei flussi di capitali a partire dagli anni ’80 – questo non lo dice Varoufakis, lo dice Mellino!

  • Il Minotauro, secondo Varoufakis, non avrebbe mai potuto vedere la luce senza l’esistenza di altri due “esorbitanti privilegi” della potenza americana, tuttora irrinunciabili per gli USA ed ereditati dalla messa al lavoro globale del sistema di Bretton Woods, ovvero il signoraggio del dollaro in quanto moneta di riserva globale, e la capacità-possibilità (unica al mondo) di stampare dollari senza alcuna restrizione da parte delle istituzioni globali.
  • Nell'epoca del Minotauro globale, i salari reali americani smisero di crescere, mentre la produttività, almeno a partire dagli anni '80, ricominciò a crescere. E questo determinò un aumento dei profitti mai visto prima.
  • Le ancelle del Minotauro: Wall Street è la prima: con il grande afflusso di capitali, nascono i derivati e la moltiplicazione della finanza virtuale. Walmart è la seconda, è l'ideologia dell'economicità (meglio tanto a poco prezzo che poco al prezzo giusto). Con i profitto, si crea credito a chi non può permetterselo: bolla immobiliare, denaro tossico (derivati convertiti in titoli e obbligazioni garantite da ipoteche. La teoria della percolazione (trickle down) contribuisce alla contro-percolazione: i ricchi diventano più ricchi.
  • L'affermazione del neoliberismo: l'economia è troppo recalcitrante per essere pianificata, meglio lasciarla alle forze automatiche del mercato.
  • Sotto il Minotauro;
    • gli USA e i suoi satelliti hanno accumulato debito estero nazionale
    • le famiglie anglo-americane hanno ammassato debito sugli acquisti fatti a credito
    • Wall Street generava e accumulava denaro privato tossico
    • il resto del mondo ha accumulato colossali riserve di valuta per pompare Wall Street e la City
  • Poi, il crollo. Debito USA passa dal 365% del PIL al 540%. La crisi da finanziaria è diventata economica e poi politica. L'autorità politica si è dissolta perché ha speso tutto il suo capitale incondizionatamente per tenere a galla il settore finanziario (banche che si erano indebitate in modo scriteriato, sull'orlo del fallimento). Queste hanno così preso per il collo la politica e lo Stato per rivoltarsi contro di esso.
  • E hanno cominciato a raccontare la storiella che “La crisi è avvenuta perché alcuni stati periferici hanno preso a prestito e speso troppo.” Cos'è questa? È la bancarotto-crazia, ovvero la ptoco-trapezo-crazia. Però c'è da fare un appunto a Varoufkis sull'etimologia. Bancarotta viene da rompere il banco, nel medioevo, non nell'età dell'agora ateniese...
  • L'EFSF raccoglie denaro non per salvare i paesi ma le banche a rischio fallimento!
  • Dopo il crollo: il despota si è ammalato, le ancelle governano (e sono le peggiori!) senza mantenere la domanda globale.
  • In Europa. La Germania esportatrice aveva bisogno del suo spazio vitale regolamentato: un'unione valutaria permanente che avrebbe bloccato le svalutazioni competitive. I paesi europei avrebbero accettato sia per ridurre le spinte inflazionistiche (e convincere così i ceti popolari) che per favorire le elite. Il prezzo? I paesi a deficit avrebbero dovuto provocare una stagnazione dei settori produttivi. Con l'Euro, la Germania e gli altri paesi dell'eccedenza sono diventati il simulacro del Minotauro, prosciugando la domanda d'Europa.
  • Il problema del Trattato di Maastricht è che non comprende alcun meccanismo di riciclo delle eccedenze!
  • La riunificazione ha permesso il crollo dei salari in Germania (una deflazione competitiva dei salari). Una volta che è stato introdotto l'Euro e l'industria tedesca è stata messa al riparo dalle svalutazioni competitive di paesi come l'Italia, i profitti dovuti al crollo dei salari sono diventati permanenti.
  • Crisi dell'Euro: la Germania si è opposta al fallimento greco costringendo la Grecia a ripagare un debito enorme e chiedendo denaro a tassi d'usura. L'austerità imposta peggiora però la crisi e l'insolvenza...
  • La storia dell'Europa di Varoufakis non è particolarmente originale eppure spiega le affinità vere tra Europa e USA, al di là delle presunte “differenze di fondo”.
  • Nel caso del “New Deal” prima e del “Minotauro globale” poi, egli riconduce le cause della crisi a un fattore ben preciso: “la mancanza di un meccanismo di riciclo più egalitario delle eccedenze e degli squilibri economico-finanziari globali tra le regioni più ricche e quelle più depresse”. Detto in termini semplici, per Varoufakis gli enormi squilibri tra regioni ricche e depresse, tra stati con grandi surplus commerciali e monetari e stati con deficit crescenti, andrebbero corretti con la creazione di meccanismi istituzionali in grado di dirottare nelle aree depresse le eccedenze prodotte in quelle con più surplus.
  • Troppo poco marxista?
    • Varoufakis non parla di declino americano, non cerca di spiegarlo!
    • Varoufakis troppo ammiratore del New Deal e dell'altruismo americano?
    • Varoufakis troppo poco anticoloniale?
  • Io farei tre appunti a Varoufakis per completare la sua analisi:
    • manca il conflitto tra lavoro e capitale – questo conflitto, negli anni della crescita e delle economie nazionali, si sposta a favore del lavoro, con miglioramenti nella distribuzione del reddito, aumento del salario reale e del potere d'acquisto, welfare state, etc. – le politiche keynesiane risultano essere a favore delle classi popolari (e anche del lavoro).
    • l'emergere del neoliberismo – se proprio aderiamo alla teoria del Minotauro, allora dobbiamo considerare che dalla fine dell'età della crescita, tra pressioni inflazionistiche e crisi petrolifera, crisi fiscale dello Stato, si è avuta la controrivoluzione keynesiana, monetarismo, liberismo, Reagan/Thatcher – il Minotauro in realtà nasce negli anni Ottanta, non prima!
    • l'incedere della globalizzazione – il liberismo non avrebbe avuto successo e il capitalismo non avrebbe conosciuto una sua seconda era di stabilità senza la globalizzazione che comincia alla fine degli anni Ottanta e si sprigiona nei Novanta. Prima, la lotta tra capitale e lavoro viene esportata a livello mondiale – il lavoro torna a ridimensionarsi e i rapporti di forza tornano a favore del capitale e dei profitti, vedasi distribuzione dei redditi
    • La crisi del Minotauro non è una crisi del capitalismo!
  • Critiche di altri a Varoufakis
    • La radice della crisi finanziaria del 2008 per Varoufakis è tutta qui: negli squilibri economico-finanziari prodotti dalla natura diabolicamente insaziabile del Minotauro, assecondata dalle sue diverse “ancelle”: a) gli “spiriti animali” che abitano da sempre Wall Street, ma che con la progressiva finanziarizzazione del capitale sono stati messi in condizioni di esprimersi al meglio; b) il complesso di istituzioni globali (WTO, FMI, Banca Mondiale, Agenzie di Rating) eterodirette dal mostro (potremmo qui aggiungere NATO, ONU e Croce Rossa per completare il quadro di Varoufakis); c) il modello imprenditoriale Walmart, così definito da Varoufakis in quanto simbolo di un capitalismo sempre più “estrattivo”, nella sua combinazione di finanziarizzazione e sfruttamento intensivo della forza lavoro; d) l’attuale UE governata dal mercantilismo neo-liberale della Germania e dal monetarismo della BCE. Il 2008 tuttavia è per Varoufakis una data spartiacque, poiché segna la morte definitiva del Minotauro globale: gli Stati Uniti, dal suo punto di vista, sono entrati in una fase di crisi terminale, non riuscendo più ad indirizzare i flussi di capitale verso Wall Street.
    • Forse il limite fondamentale del suo discorso, come di molte delle altre tesi sul declino degli USA, sta nel non soffermarsi più di tanto su che cosa intenda effettivamente per declino, al di là di un generico riferimento al presunto ridimensionamento dell’apparato produttivo industriale americano, all’emergere per la prima volta sin dal dopoguerra di un potenziale concorrente capitalistico alla pari (la Cina con i cosiddetti BRICS) o alla presunta ingovernabilità del sistema politico mondiale.
  • Varoufakis: One of the forgotten ‘laws’ of macroeconomic arithmetic is that one nation’s deficits are another’s surpluses. Moreover, when different nations are bound together with politically engineered fixed exchange rates (e.g. the Gold Standard of the 1920s, the Bretton Woods system of the first post-war phase, or the Eurozone today), there is a tendency for capital to migrate violently from the surplus to the deficit countries, building bubbles in the deficit regions that drive pseudo-growth there which, nevertheless, creates demand for the exports of the surplus countries, therefore reinforcing their surpluses while magnifying the deficits of the deficit areas. When the bubbles burst, as they must, un-payable debts pile up in the deficit countries. If the political response to this insolvency is to put all the burden of adjustment, and debt repayment, on the weak, insolvent shoulders of the deficit countries, the result is permanent depression there and a slow-burning recession in the surplus countries, as the deficit ones can no longer afford to import from them.


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