giovedì 30 luglio 2015

A PROPOSITO DELLA VICENDA FERRIERA

Pubblichiamo un contributo alla discussione di Marino Calcinari e Antonio Saulle


Una vertenza ventennale che caratterizza l' immobilismo della politica e condiziona le proposte sullo sviluppo industriale della città di Trieste : è questo il costo pagato e che pagheranno i lavoratori, i cittadini, i giovani.
La vicenda della Ferriera è esemplare, a parte le cronache di questi giorni , per piu' motivi.

Il primo : non si rappresenta mai , se non inserito in una logica di ragionamento subalterna all' impresa , il punto di vista dei lavoratori.
Il quotidiano locale , ad esempio, con ammirevole efficacia , ha fornito dovizia di particolari sui buoni propositi dell' impresa che ha rilevato lo storico stabilimento triestino , ma nel merito di un quadro di informazioni piu' complessivo che facesse luce o mettesse in risalto , i punti critici dell' AdP, il punto di vista dei lavoratori, del sindacato- che in quella realtà è niente affatto unitario – la carenza è stata quanto mai greve.
Il secondo motivo è la deformazione o la dismissione di ogni pensiero critico .
Il 12 marzo 2015 la maggioranza consiliare di centrosinistra ignorava, sia la petizione popolare dei cittadini di Servola sull' argomento, sia quella del consigliere di Sel Marino Sossi e la Federazione della Sinistra per bocca di Iztok Furlanic , giungeva a sostenere il punto di vista di Arvedi (“ ..l' area a caldo andava chiusa dieci anni fa quando inquinava :ora c'è un imprenditore che vuole LIMITARE L' inquinamento. Rinunciare a priori in questo momento a centinaia di posti di lavoro non mi sembra una scelta giusta” ) .
Certo tutto cio' non giustifica, però, a vent' anni dalla grande crisi - quella del 1994 poi risolta dando carta bianca a Lucchini, con gli esiti che sappiamo - come non solo non si sia fatto un passo in avanti sulla strada della riconversione , ma anche come si sia drammaticamente eroso quel margine di “ umanizzazione della vicenda “ che una volta teneva assieme le ragioni del mondo del lavoro con quelle della crescita civile e democratica della cittadinanza della sua coesione sociale, di tutele e diritti esigibili.
A vent' anni di distanza , e con lo sguardo rivolto alla vertenza Ilva di Taranto, oggi è chiaro , o almeno comprensibile , che il vero ostacolo alla possibile soluzione della Ferriera è ascrivibile alla subordinazione della politica alla logica dell' impresa ( e della finanza) che ha preso il sopravvento, che ha cancellato le ragioni di cittadinanza e lavoratori, che ha piegato ed oscurato le motivazioni per proporre una alternativa di sviluppo compatibile con l' ambiente e rispettoso della salute , sia dei dipendenti che dei cittadini.

Eppure in tempi nemmeno lontani, ben diversamente si earno mosse le sensibilità sociali e politiche
Nel marzo 1995 il PRC sosteneva che “.. se è vero che alla crisi della siderurgia triestina si giunge per responsabilità della gestione pubblica , è altrettanto vero il clamoroso fallimento del primo tentativo di privatizzare lo stabilimento di Servola. “
Facendo capire che il costo in salute e ambiente dovuto al' attività siderurgica era dovuto fin tanto che non si trovava un finanziamento pubblico che permettesse all' imprenditore di bonificare e riconvertire la produzione investendo il meno possibile.
A seguire tutte le iniziative degli ambientalisti e delle Associazioni cittadine con filmati, denunce e manifestazioni per evidenziare il degrado ed il peggioramento prodotto dall' attività siderurgica a cui si è sempre risposto che preliminarmente si sarebbe dovuto individuare l' apporto diretto dello stabilimento (!) nell' inquinamento; e per ultimo la denuncia fatta martedi 28 luglio 2015 dai deputati del M5S sulla realtà di Servola attraverso “La valutazione di reperti ambientali tramite indagine nanodiagnostica di microscopia elettronica a scansione e microanalisi a raggi X” , e le conclusioni cui quel lavoro perviene , e che evidenzia il diretto coinvolgimento dello stabilimento come causa dell' inquinamento.
Documento di parte ma che corrisponde alla resistenza e le capacità di mobilitazione dei cittadini che non intendono continuare a pagare le conseguenze di una politica dissennata, a cui è seguita sla reazione dell’azienda , i cui legali hanno inviato una lettera di diffida all' Associazione No smog nonostante l' assessore comunale all' Ambiente avesse dichiarato senza tanti giri di parole : Arvedi non controlla l' inquinamento, la gestione della fabbrica è preoccupante, c'è carenza nella conduzione dello stabilimento, ci sono stati peggioramenti ambientali.
Una battaglia di civiltà, in difesa del lavoro e della salute, quindi, anche qui a Trieste non potrebbe avere successo se innanzitutto non riuscisse a limitare o a trovare i giusti contrappesi su due precisi capisaldi : la riconversione e la reindustralizzazione controllata del territorio , obiettivi che servono a garantire e formare su basi sicure un programma di sviluppo eco compatibile per la città perchè , restando fermi o sposando le logiche compatibiliste, di questo modello sociale , né Trieste, né il nostro paese avrebbero piu' possibilità di ' futuro, avendo perduto, con la capacità di critica, quella preservazione della memoria , per poterne progettare uno diverso .



Marino Calcinari
Antonio Saulle

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