mercoledì 21 gennaio 2015

Cofferati evidenzia i problemi del PD - Articolo di Belci a "Il Piccolo"


riceviamo ed ospitiamo volentieri l' articolo che il segretario della CGIL del FVG, Franco Belci , ha inviato al Piccolo, condividiamo le sue preoccupazioni aggiungendo,  di nostro, che aldilà dell' episodio vi è un dato politico generale su cui riflettere e che altri fatti piu' importanti di questi giorni stanno confermando, non solo il " rinnovo" del Patto del Nazareno ma  anche l' accelerazione sulla riforma (sic) elettorale e quella per approvare l' esecrabile testo del jobact coi decreti attuativi entro il 12 febbraio.
Cofferati evidenzia i problemi del PD
Quella di Sergio Cofferati di uscire dal PD è una scelta personale sulla quale ognuno può esprimere legittimamente i propri commenti. Non è peraltro mia intenzione entrare nel dibattito di un partito al quale non sono iscritto. Ma le primarie in Liguria, dopo quelle di Napoli e di Roma, ci consegnano un problema che non riguarda solo le dinamiche interne del PD. Ne esiste uno più generale se non di legalità (su questo si esprimerà la Procura di Genova), sicuramente di etica. Vi sono almeno tre profili che vanno affrontati visto anche che le primarie sono aperte a tutti i cittadini ai quali viene anche richiesto un piccolo contributo per poter votare. Il primo: non è, almeno moralmente, legittimo che a qualcuno sia chiesto un contributo per poter votare e a qualcun altro viceversa sia offerto per farlo. Il secondo: non è eticamente accettabile che si faccia leva sulle condizioni di povertà delle persone per allettarle alla partecipazione. Il terzo: accettare o addirittura richiedere il voto di iscritti e militanti di altri partiti deforma irrimediabilmente il meccanismo, rendendolo non credibile. E’ evidente a questo punto la necessità di una disciplina legislativa, visto che il “fai da te” si è dimostrato poco affidabile e incapace di garantire pulizia e trasparenza. Mi pare che Cofferati sia uscito per questi motivi e non per aver perso, tant’è vero che non ha messo in discussione il risultato. Ed è troppo comodo accusarlo di averlo fatto per vendicarsi della sconfitta: significa non voler affrontare i problemi di fondo. Vi è infatti un'altra questione che è difficile evitare. Il premier e segretario del PD ha dapprima fatto spallucce di fronte all’evidenza del crollo delle iscrizioni, poi ha assunto la stessa posizione anche di fronte a quello della partecipazione alle elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna. Ciò che conta è “vincere”, non importa se con il 10% degli aventi diritto: chi non va a votare ha comunque torto e i pochi che ci vanno legittimano in ogni caso il vincitore. La rappresentanza, la partecipazione non sembrano contare più: è diventato sufficiente, avere propri uomini e donne di fiducia nei posti chiave e zittire ogni voce di dissenso rappresentandola come verso di gufi, corvi, perfino di avvoltoi. Invece il pluralismo è il sale della democrazia e produce fisiologicamente consenso e dissenso che fanno crescere la qualità della dialettica politica. E, su questo fronte, il problema dell’Italia di oggi è proprio quello: la democrazia che non può fondarsi sulla mera logica dei numeri, al netto delle persone in carne e ossa. Mi pare insomma che ciò che è successo alle primarie sia frutto di questa concezione. La partecipazione è deformata e finalizzata a obiettivi personali. Ciò che conta è votare (e far vincere) il leader e candidato di turno. Non si pensa più al futuro di una Regione, o del Paese, ma al massimo al tempo necessario per esercitare il potere, che dev’essere il più lungo possibile. Principi e valori non contano più, come non contano i contenuti delle scelte, nelle quali si fa sempre maggiore fatica a intravvedere un filo di centro sinistra. Questo esito è esploso nella forma più deflagrante nella vicenda del malaffare romano, caratterizzato dalle connivenze dei partiti, compresi esponenti del PDUna situazione denunciata da tempo all’interno stesso del partito, nientemeno dall’oggi ministro Madia, ma tollerata appunto perché finiva per tradursi in voti e consenso per continuare ad esercitare quel potere che sempre più spesso si traduce nel tornaconto e nell’arricchimento personale. E’ necessario fermarsi a riflettere, perché queste concezioni e questi modelli rischiano di seppellire definitivamente esperienze e ragioni della Sinistra, alle quali il Paese non può rinunciare senza snaturare la democrazia.

Franco Belci, “Officina 2.0”



Noi riteniamo che aldilà della ormai compita mutazione genetica, e regressiva,  del PD vi sia una emergenza democratica nel paese che ha le sue scaturigini anche dalle politiche economiche che il renzismo, il governo di larghe intese col centrodestra ed apertamente sostenuto ad Confindustria e settori della finanza ha imposto agli italiani.

Dal job act allo " sbloccaItalia " , dalla scuola alla "riforma"istituzionale" sono tutte politiche che demoliscono la Costituzione e ledono i diritti dei cittadini, sono politiche regressive, di autoritarismo e rigore , che sanno molto di medioevo , e non trovano nemmeno giustificazione nelle ricette economiche imposte dalla troiika     ai paesi dell' eurozona.

Renzi si goda le sue vittorie ma non conti sull' acquiescenza di quanti, qui ed altrove non sono disposti a chinare il capo, nè a riconoscere alla sua azione di governo l' alibi ideologico di praticare politiche "riformiste " o di centrosinistra" . Chè tali non sono.

Chi attacca i deboli, chi demolisce i diritti dei lavoratori, chi taglia le risorse per il welfare ( e l' elenco potrebbe continuare) non puo' definirsi , logica vorrebbe,  ne' di (centro)sinistra, ne' tantomeno democratico. 

Renzi dovrebbe scegliersi bensì un altro appellativo, piu' confacente ed in sintonia con il suo operato e con quello della sua squadra di governo.

Questa è l' opinione politica che abbiamo della sua persona , questo il giudizio politico ascrivibile alle scelte che il PD ha sin qui compiuto.

Domenica prossima si vota in Grecia, ed è una occasione per cambiare pagina.
La sinistra ,  quella vera, ha presentato un programma di governo che cancella le politiche di austerità, che vuole rinegoziare il debito, che vuol far partire politiche sociali per risollevare le condizioni di tante persone impoverite dalla crisi.
In Grecia noi oggi sapremmo per chi votare, ma Renzi se fosse in Grecia per chi voterebbe?

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